Un’ora di attesa, 15 minuti di lavoro, 18 euro di spesa regolamente scontrinati: queste le condizioni che hanno trasformato la mia povera Musa (piena di sabbia, scontrini accartocciati, residui di bustine di Gaviscon, scottex usati da tempo immemore) in una city-limousine linda e pinta, perfetta al punto da provare un sacro timore alla sola idea di salirci sopra senza avere fatto la doccia. Questa profonda trasformazione è merito dell’incredibile squadra di omaccioni che opera nell’autolavaggio tra viale Adua e Ponte Europa, il più antico e stimato autolavaggio di Pistoia. In pochi minuti – con il piglio di un commando di royal marines alle Falklands – quattro o cinque signori dall’aria molto professionale si sono avventati sulla mia auto rigirandola come un calzino e facendola splendere come non mai. Armati di una pletora di strumenti dall’aria chirurgica, hanno pulito tappetini, aspirato polvere, sanificato ogni interstizio, lucidato ogni superficie, asportato ogni corpo estraneo. Musetta non era così lucida neppure il giorno in cui, ormai cinque anni fa, andai a ritirarla in concessionaria, nuova fiammante nei suoi chilometri zero.
Stasera ho imparato una bella lezione: non si è buoni per tutte le stagioni, non si può fare tutto, e bene. C’è chi sa fare il bibliotecario, chi il cuoco, chi il parrucchiere, e chi il lavatore di macchine. Io so fare la prima cosa, e stop. Quando mi cimento in cucina, o maneggio i boccettini del colore comprati al supermercato, faccio dei disastri mostruosi. Stessa storia quando provo a lavare la macchina da sola: due ore di spolmonamenti, per poi ritrovarmi, esausta, a fare i conti con una selleria dall’aria ancora stazzonata, vetri pieni di aloni, tappetini opachi.
Mi faccio una promessa, che è quasi un regalo: non dico ogni mese, ma – sì – ogni due mesi prometto di portare Musetta a fare il bagno dagli omaccioni. Lei sarà felicissima, e io mi godrò la lettura di un buon libro durante l’attesa.