Oggi ho preso e, per la prima volta dopo mesi e mesi, sono uscita dall'ufficio alle cinque e mezzo. Ho lasciato emergenze e scadenze sulla scrivania, ho preso la Musa al parcheggio e me ne sono venuta in centro.
La giornata è stata positiva e produttiva: mattinata trascorsa in buona parte a favore della rete di cooperazione REDOP, per concordare con tutti i referenti dei comuni della provincia il testo del programma da inviare in Regione per la richiesta di finanziamenti.
Resto della mattina e primo pomeriggio in ufficio, tra riunioni, mail, telefonate: ogni cosa è andata al suo posto.
Poi la voglia di staccare, ed eccomi seduta in piazza del Duomo, sui gradoni del Tribunale: davanti il Palazzo di Giano, a sinistra la Prefettura e la Cassa di Risparmio, a destra la cattedrale.
Parecchia gente in giro. Tutti i tavoli occupati nel dehors del Bar Michi: Virginia si dà un gran daffare con i vassoi degli aperitivi.
I bambini scorrazzano sulle loro biciclettine; i cani si rincorrono tra loro, mentre i padroni passeggiano col guinzaglio in mano, facendo ciondolare il portasacchetti per le deiezioni.
Le pietre della piazza sono bagnate dalla pioggia, ma l'aria è mitissima.
Passa un amico della San Giorgio assorto nei suoi pensieri: non mi vede, e io non richiamo la sua attenzione. Passano i colleghi del comune che hanno finito il loro turno, e tornano a casa. Passa il presidente di un'associazione che mi chiede notizie su una richiesta in ponte: sorrido e dico che mi chiami in ufficio, perché ormai la mia testa è tutta dentro il computer, e non mi ricordo proprio a che punto sia il suo caso.
Eccomi qui, in piazza del Duomo, ad annusare l'aria. Non ho mai pensato prima d'ora che le piazze avessero un odore particolare.
Annuso l'odore di Pistoia, e mi interrogo.
Ci sono colleghi che sono sempre vissuti qui: conoscono tutti da sempre; si ricordano di quando il Presidente tal dei tali, che ora si dà un sacco d'arie, si metteva le dita nel naso all'asilo.
Qui tutti sono imparentati, e tutti sanno tutto. Pistoia è un paese, dove tutti stanno vicini vicini.
Mi viene da pensare al fatto di avere vissuto in tanti luoghi, senza poter dire esattamente quale fosse il mio vero luogo dell'anima. Penso agli anni della mia giovinezza, passati in collegio a Pisa, senza metter fuori il naso dalla stanza del Timpano lungo l'Arno. Penso agli anni vissuti all'Impruneta, nei quali ho messo radici che sapevo essere temporanee. Penso agli anni di Castelfiorentino, e poi quelli – molto più lunghi – di Empoli: cittadine che ho vissuto di giorno, e che ho ignorato di sera, preferendo tornare in un luogo dormitorio dove stava il mio nido ma non stavano le mie relazioni.
E poi Pistoia, negli ultimi quattro anni: l'unica città che posso dire di conoscere più di ogni altra. La città dove c'è il mio bar, la mia libreria, la mia parrucchiera, il negozio dove vado a comprare a colpo sicuro i regali da fare alle amiche, il super dove faccio la spesa, il pub dove vado a fare l'happy hour perfetto. Dove c'è il mio cinema, il mio teatro, la mia pizzeria preferita.
Annuso l'aria di Pistoia, e penso che sarà casa mia ancora per qualche mese.
La mia vita a Pistoia doveva durare tre anni, ed eccomi qui alla vigilia della fine del quarto anno: un amore evidentemente ricambiato, sia pure tra gli altri e i bassi che ogni amore porta con sé.
Annuso l'aria e mi godo il momento, senza pensare a che cosa succederà dopo l'estate.
Guardo la piazza, e penso che in questi quattro anni non ho mai visto la piazza senza un cantiere, senza una impalcatura, senza un qualche lavoro in corso. Pistoia è città campione mondiale di lavori in corso: ogni strada ha ilo suo bravo fare e disfare. E' tutto un rutilare di fettucce arancioni e Orsogrill di sicurezza.
C'è una dimensione del carattere pistoiese, fatto di inquietudine e tormento interiore, che trova riscontro in questo gioco esteriore al rifacimento, all'imbiancatura, al restauro, alla distruzione e alla costruzione.