Tra i miei libri cult, quelli che hanno giocato una parte importante nella costruzione dei miei atteggiamenti migliori, c’è Chi ha spostato il mio formaggio? di Spencer Johnson: un libriccino in forma di apologo che si propone di aiutare i lettori ad attivare reazioni efficienti ed efficaci nei confronti di un cambiamento non atteso, e soprattutto non gradito.
La storiella di Nasofino e Trottolino mi è servita, anni addietro, per comprendere una profonda verità: quando qualcosa va storto (e ogni tanto qualcosa va storto davvero), possiamo sbraitare, lamentarci, recriminare, fare ricorso, andare dall’avvocato perché ci difenda dal sopruso che abbiamo subito. Ma riusciremo a far fronte all’inghippo solo quando andremo oltre i lamenti e le recriminazioni, per dare vita alla nostra personale strategia di cambiamento.
C’è anche chi l’ha odiato, questo libretto: vedi, ad esempio questo post. Mi viene da pensare che sia troppo facile recitare la parte degli “aristocratici”, dicendo di preferire “Il rosso e il nero” di Stendhal quale romanzo di formazione. Chi critica questi libretti di solito si fa un pochino prendere dall’invidia nei confronti di autori divenuti miliardari avendo scritto cose che anche noi avremmo potuto scrivere. Noi avremmo potuto scrivere cose ben migliori, ma non le abbiamo scritte, e perciò non siamo diventati miliardari.
Ma passiamo oltre.
Dicevo: questa storia del formaggio mi era piaciuta parecchio, e continuo a consigliarla: addirittura la inserisco tra le proposte di lettura di Oltre il giardino, che uso per i miei corsi.
Così, quando, nei giorni scorsi, ho visto occhieggiare dagli scaffali della Edison il nuovo titolo “Io ho spostato il tuo formaggio”, non ho detto né a né ba: l’ho messo subito sottobraccio e mi sono diretta alla cassa. Perché se tanto mi dà tanto, anche questa doveva essere una storia ganzissima.
Il libretto è dedicato a “tutti quelli che si rifiutano di vivere come topi nel labirinto di qualcun altro”, e perciò si presenta con l’intento di superare la proposta di Spencer Johnson.
La lezione dei tre nuovi topi protagonisti, Max, Big e Zed, è quella di chi non limita la propria azione all’adattamento positivo, ma si propone di cambiare le regole del labirinto o addirittura uscirne fuori.
Non avverto nessun conflitto tra i due punti di vista: mi viene da dire, infatti, che in alcuni casi bisogna adattarsi, in altri c’è margine per cambiare le regole. Si è saggi solo quando si riesce a distinguere in quale delle due situazioni ci veniamo volta volta a trovare.