Giornata impegnativa, ma che lascia alla piccola storia della mia vita un mattoncino positivo: il saggio su cui sto lavorando procede bene, anche se ho il presentimento che sia troppo lungo per la rivista a cui è destinato. Ma il maresciallo de la Palice mi aiuta a stare serena, suggerendomi che è molto più facile accorciare un testo ampio che non avere scritto niente. La scrittura di questo testo mi permette di mettere ordine nei pensieri spesso scarruffati dalla quotidianità operativa, offrendo loro l'occasione per una bella pettinata estetica.
Serata di riposo. Ci guardiamo molto volentieri un film che ci eravamo persi al cinema, ma di cui si è così tanto parlato da credere quasi di averlo visto: Generazione 1000 euro, di Massimo Venier, ispirato al celebrato libro di Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa, uscito nel 2006. Il tema del lavoro precario mi ha sempre intrigato, forse perché, da pubblica dipendente garantita a vita, già mi immaginavo che nel futuro non troppo lontano qualche cavallone di precarietà avrebbe lambito anche i piedi dei lavoratori più "sistemati". Ricordo con piacere di avere messo a punto nel 2006 un percorso di lettura sull'argomento, Lavorare stanca, nel quale il libro in questione non è presente, perché probabilmente sarebbe uscito solo più avanti nell'anno.
Il film è carino, e si fa guardare volentieri. Qualche frase davvero ben riuscita (la più bella: Questa è l'unica epoca dell'umanità in cui le persone tornano in Molise) per una pellicola che racconta l'intreccio di storie di un gruppo di trentenni laureati alle prese con il lavoro che non dura, e che deve essere continuamente rincorso per poter pagare l'affitto e sperare di avere nel frigorifero qualche cosa di commestibile. Matteo, il protagonista, è cultore di matematica all'università ma per tirare a campare passa le giornate del reparto marketing di una multinazionale; il suo coinquilino fa il proiezionista in un cinema; la sua fidanzata storica fa la tirocinante di chirurgia a tempo super-pieno.
Tutta la trama del film ruota attorno alla tormentata scelta di Matteo tra due donne che lo attraggono, assieme agli stili di vita e ai valori di cui sono simbolicamente portatrici: l'algida bionda in carriera, bella e perfetta, che gli propone di seguirla a Barcellona con l'opportunità di dare la scalata all'azienda; la più sanguigna supplente a tempo determinato, portatrice di una bellezza più popolare e calda, che sta per prendere il treno per Viterbo, dove l'aspetta una supplenza di quattro mesi.
Riuscito, e convincente, il gioco "circolare" del sogno di Matteo, con cui si apre e si chiude il film: il sogno di svegliarsi ogni mattina accanto alla persona che si ama. Un sogno che, quando è realizzato, fa sentire bene, anche se in tasca si hanno meno di mille euro.