Questa sera Antonio è impegnato in una cena con gli amici, e io approfitto della solitudine per terminare il romanzo di Massimo Gramellini Fai bei sogni, uscito da qualche mese e subito svettato ai primi posti delle vendite. Mi ero riproposta di leggerlo come lettura estiva: d'estate si ha voglia di testi leggeri, magari scritti bene, capaci di suscitare emozioni, e non impegnare troppo il cervello. Dunque, l'estate è arrivata ed eccomi qui a chiudere l'ultima pagina di un racconto lungo, che si legge in poche ore. Scritto benino, anche se a volte un po' troppo semplice per i miei gusti.
La storia è presto detta: un ragazzino di 9 anni rimane orfano della madre, ammalata di cancro, e per tutta la vita dovrà fare i conti con il senso di vuoto che questa perdita gli ha creato. Fino ad oltre i quarant'anni dovrà convivere col proprio personale Belfagor, un mostro pauroso che gli impedisce di "elaborare il lutto" e vivere con intensità la propria vita, accettando un destino che gli ha giocato un brutto tiro ma che gli ha anche fornito tutti gli strumenti per andare avanti.
Due i difetti principali del libro. Uno: la storia è autobiografica. E' la vera storia di Massimo Gramellini, con tanto di personaggi di famiglia, carriera professionale, fidanzate e mogli, nonché la riproduzione dell'articolo del giornale – di cui entra in possesso quarant'anni dopo – in cui si svela la verità sulla morte della donna: che non è morta d'infarto, per gli effetti dell'avanzare della malattia, ma si è suicidata buttandosi dal quinto piano.
Due: la storia è troppo lunga. Non servono duecento pagine per dire quanto un bambino può sentirsi arrabbiato perché non ha più la mamma mentre gli altri bambini ce l'hanno ancora.
Dunque, Gramellini si sarà pure liberato dal peso che gli opprimeva mente e cuore, avrà avuto l'occasione di colpire a morte Belfagor e rinascere a nuova vita, proprio grazie alla scrittura. Ma noi? Noi non avevamo bisogno di essere coinvolti in questa lunghissima terapia. Ci sarebbe invece garbato più un bel racconto di fantasia, incentrato sulla figura di questo bambinetto trasformato in un grumo di risentimento dalla morte della madre, a cui succede qualcosa di bello-brutto-incredibile-interessante, ma capace di far stare in piedi una storia. Chessò, il rapimento da parte degli alieni, l'attacco di un Orso Grizzly, l'avvio della carriera di astronauta. Invece no: c'è solo la realtà di Gramellini a farci compagnia, con il suo lavoretto al giornale, le sue fidanzate, le sue festicciole da nulla.
Scritto bene, è scritto bene. Per carità. Ma d'altronde mica siamo ancora arrivati ad accettare che si scrivano romanzi con le acche sbagliate e gli accenti gravi al posto di quelli acuti. Se i congiuntivi sono a posto e il testo scorre bene, siamo però in piena area "e ci mancherebbe altro": un po' poco per farne un'opera letteraria degna di essere ricordata per saecula saeculorum.
Dunque, un po' troppo successo mediatico, quasi una montagna, per quello che a me appare sostanzialmente un topolino letterario. Insomma, più o meno come guardarsi una fiction in tivvù. Speriamo non ci facciano un film. Ditemi di no, per favore.
Ecco il booktrailer: http://www.youtube.com/watch?v=U3VCWnel7uE