Sapevo che prima o poi sarebbero fioccati i libri ambientati durante il lockdown. Le limitazioni imposte dalle misure di contenimento del Covid-19 hanno avuto un carattere così “narrativo” da non poter lasciare indifferenti gli scrittori. C’è da domandarsi se un soggetto così originale abbia la forza anche di esercitare il suo protagonismo non solo nella vita reale, come ha fatto e come fa ancora oggi, ma finisca con lo spopolare anche in letteratura, creando un vero e proprio genere letterario. Questione di tempo, mi dicevo: e infatti, così è stato. E’ uscita Paola Mastrocola con il suo Diario di una talpa, per l’interessante casa editrice indipendente La nave di Teseo, con una sorta di diario-favola sul periodo che abbiamo vissuto tra marzo e maggio, costretti a casa dalle prescrizioni governative. Che cosa abbiamo fatto, come ci siamo trasformati in quei due mesi di stop alla vita normale? Che cosa è cambiato nei nostri comportamenti e nelle nostre menti? A queste domande l’autrice della Gallina volante e di tante altre storie belle e importanti della nostra narrativa contemporanea ha risposto immaginando gli esseri umani trasformati in talpe, alle prese con lo scavo delle proprie tane da singoli per trascorrervi il periodo della quarantena: talpe impaurite ma anche un po’ coraggiose, ligie agli ordini ricevuti, ma anche un po’ desiderose di evadere e di tornare al mondo di prima.
Alcuni capitoli del diario sono stati pubblicati a puntate qui, sul sito della Fondazione David Hume, che il marito della Mastrocola, il sociologo Luca Ricolfi, ha ideato e fondato assieme a Piero Ostellino e numerose importanti istituzioni pubbliche e private dell’area torinese.
La “parabola” delle talpe, che dall’inizio della pandemia ci porta dritti alla riapertura del 18 maggio, contiene le riflessioni di ogni uomo e ogni donna che ha attraversato questa fase e sa di non essere ancora al di là del tunnel. Le contiene e le aiuta ad immaginare un mondo nuovo, quello – appunto – al di là del tunnel, che sarà un po’ quello di prima, e un po’ no; un mondo dove ci sarà meno spazio per il consumo fine a se stesso e maggiore spazio per il pensiero e l’approfondimento, dove potremo riscrivere almeno in parte le nostre biografie e dare una riordinata ai nostri valori; un mondo dove potremo anche essere migliori, ma non è detto poi che avremo voglia di farlo davvero.