Il film Sette minuti di Michele Placido è incentrato sulle vicende di una fabbrica tessile in crisi, in procinto di essere acquistata da nuovi proprietari francesi, che promettono di non licenziare nessun operaio, ma in cambio chiedono un piccolo sacrificio a tutti: tagliare di 7 minuti la pausa pranzo, trasformandola in un break di soli 8 minuti (contro i 45 di anni addietro). Che cosa sono sette minuti rispetto alla garanzia del posto di lavoro? Apparentemente sono poca cosa, ma dietro questa concessione al nuovo padrone si affaccia la consapevolezza che siano in gioco la dignità e la sicurezza di tutti gli operai.
Il consiglio di fabbrica, composto da nove operaie, una impiegata e una rappresentante sindacale, è alle prese con la decisione da assumere in nome e per conto di tutte: puntare alla conservazione del lavoro e cedere sui sette minuti, o opporsi alla richiesta, affrontandone tutte le conseguenze, compresa quella di causare il ritiro del nuovo potenziale proprietario? Difficile scegliere, anzi impossibile: perché in gioco ci sono due mondi completamente diversi: quello dei principi e dei valori, e quello della quotidianità, fatta di bollette da pagare e di spesa da comprare al supermercato.
Apprezzabile l’inattesa performance attoriale di due cantanti come Fiorella Mannoia e Maria Nazionale, mentre non deludono le aspettative Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi e Violante Placido, sempre brave, e l’inarrivabile Ottavia Piccolo, nella parte della sindacalista.
Un bel film, che un tempo avremmo definito “impegnato”, ispirato ad una pièce teatrale di Stefano Massini. Un bell’esempio di cinema civile.