Oggi è uscito un mio articolo sul quotidiano Il Manifesto sul tema delle biblioteche al tempo del Covid. Si tratta di uno dei tanti contributi che la professione bibliotecaria sta esprimendo contro un DPCM (quello del 3 novembre scorso) che, senza neppure citare le biblioteche, le ha chiuse, a differenza di quanto ha fatto per le librerie (per fortuna per loro).
Le biblioteche negli scorsi mesi si sono attrezzate per riaprire per il lockdown, investendo migliaia di euro in divisori, strumenti per la sanificazione, e tante altre misure che hanno permesso loro di riaprire da maggio in piena sicurezza. Questa chiusura non si spiega, anche perché richiesta per i “servizi di apertura al pubblico”, ovvero (se proviamo ad interpretare) per l’apertura al pubblico degli spazi dove le persone studiano, leggono, si intrattengono.
Molte biblioteche si sono già attrezzate per continuare a fornire servizi alternativi: dal prestito “da asporto” (in tutto e per tutto analogo all’asporto consentito ai ristoratori) al prestito a domicilio, al consolidamento dei servizi telefonici e digitali.
Nell’articolo tutte le motivazioni che mi sono sentita di addurre a favore di una riapertura delle biblioteche (almeno nelle zone dove non è già attivo il lockdown).