La scomparsa di Mihail Gorbacev, avvenuta nei giorni scorsi, mi ha riportato indietro nel tempo, ad un mondo profondamente diverso da quello attuale: un mondo nel quale l’Europa era divisa in due schieramenti contrapposti, legati al Patto Atlantico e al Patto di Varsavia, l’Unione Sovietica era ancora solidamente rappresentata sulla carta geografica come il grande impero voluto da Stalin e la Germania era divisa in due settori, con Berlino attraversata dal muro. Con la sua azione riformatrice, guidata dalle parole chiave della perestrojka (rinnovamento) e della glasnost (trasparenza), Gorbacev aveva intenzione di salvare l’Unione Sovietica dalla crisi economica e sociale che l’attraversava, ma in realtà ottenne l’effetto opposto di accelerare la fine di un mondo che si stava sgretolando, e che non si sarebbe salvato con semplici riforme superficiali.
Si tratta di una delle figure più tragiche del nostro tempo: cercò disperatamente di riformare l’irriformabile, aprendo spazi di libertà ma senza offrire effettivi accessi alla democrazia, confidando nell’aiuto dell’Occidente – di cui conquistò l’opinione pubblica – per farsi forza con i nemici interni, rappresentati dall’apparato del PCUS, che si oppose con tutte le forze alle sue riforme. Primo e unico presidente dell’Unione Sovietica, creò per sé un ruolo che estrometteva per la prima volta il Partito Comunista dalla direzione del Paese, ma con tale estromissione portò alla fine stessa dell’Unione Sovietica. Creatore e vittima della sua stessa illusione, si guadagnò la fama di autentico riformatore in Occidente, mentre in patria fu considerato l’autore principale della catastrofe che portò alla fine dell’URSS, alla disgregazione dell’impero staliniano e alla caduta del muro di Berlino.
Lo ricordiamo tutti nel 1990, ospite con la moglie Raissa di una indimenticabile edizione del Festival di San Remo, presentata da Fabio Fazio e Renato Dulbecco: ormai uscito dai giochi, ma ancora amatissimo in Occidente, osannato come una grande star. Nello stesso anno avrebbe ricevuto il Nobel per la Pace.