Siamo in un quartiere popolare di Milano, vicino ai Navigli: qui le persone vivono ancora le relazioni di vicinato, fatte di aiuto reciproco, scambio di favori, in un’economia circolare che non lascia spazio allo spreco: della “Milano da bere” che vive non troppo lontano da lì non arriva alcuna traccia. La protagonista della storia è Gea, una ragazza di ventisette anni ben diversa dalle ragazze della sua generazione: d’altronde, non è potuta andare a scuola, ma è cresciuta isolata dal resto del mondo, in una rocca nel bosco, assieme ad una famiglia ossessionata dalle catastrofi e dalla fine del mondo. Fuggita da una realtà diventata troppo claustrofobica, la giovane donna ha deciso di ricercare un nuovo equilibrio a casa della nonna, a Milano: ma quando raggiunge il suo obiettivo, scopre che la nonna è morta da poco, e dovrà arrangiarsi da sé per sopravvivere. Armata di una salopette piena di tasche in cui conserva gli attrezzi del mestiere, Gea ripara le cose, invece di buttarle via; aiuta i vicini di casa, invece di tenerli lontani; aiuta le persone che conosce a coltivare i propri sogni, invece di aderire al destino segnato. Un romanzo delicato, in alcuni tratti fiabesco, dove il bene vince sul male, anche quando tutto lascerebbe pensare il contrario: come quando Gea si coalizza con le sue amiche per salvare dalla chiusura definitiva un vecchio negozio di rigattiere, che da bambina ha visitato in compagnia della nonna, e che è pieno di oggetti perfettamente inutili, ma capaci ciascuno di raccontare una bella storia.