Ci sono degli amici che non vedi per un sacco di tempo, e appena li incontri è come se vi foste visti dieci minuti fa. Con Dina succede così. Ci si vede ormai di rado – perché le nostre vite ci hanno portato una di qui e una di là. Lontanissime entrambe da quella corriera della CAP delle 7.15 che prendevo ogni mattina a Tavarnuzze per andare all'Impruneta, dove ero responsabile della bibliotechina di via Paolieri (oggi bibliotecona in piazza Buondelmonti, perché il tempo non passa mica per niente).
Da allora, e si parla di 25 anni fa, non abbiamo mai smesso un minuto di volerci un bene dell'anima, anche se lei è dell'Inter e io dell'Empoli; lei beve acqua naturale e io gassata; lei cucina da dio, e io lasciamo perdere; lei ama scorrazzare per il mondo e io amo invece il mio divano sciatodàss… Insomma, certe differenze, ancorché cosmiche, sono nulla di fronte a ciò che ci accomuna. E in particolare: la passione per i gatti, la capacità di chiacchierare ininterrottamente per 200 ore senza dormire, l'amore per le biblioteche, il piacere di parlare in inglese.
E poi io e Dina abbiamo tonnellate di storie in comune, consumate tra Scandicci e Praga: abbiamo studiato insieme, smadonnato insieme, pianto insieme, riso insieme tante di quelle volte che non ce lo ricordiamo nemmeno più.
Oggi è venuta a Pistoia a trovarmi, con una parte della sua famiglia, carica di regali accumulati per i tanti appuntamenti saltati negli ultimi mesi: compleanni, natali e pasque nelle quali ha vinto qualcos'altro sulla nostra voglia di vedersi. E anch'io ho il mio carico di sacchetti pronti per lei, un po' acciaccati dal tempo. Apriamo i pacchetti e rompiamo le confezioni come le bambine di otto anni che giocano alle signore.
Il suo bellissimo bracciale… prometto che lo porterò sempre con me: così come porto sempre un po' di Dina nel mio cuore.