Edward De Bono è uno dei nostri "compagni di viaggio" nell'avventura compiuta oggi durante l'ultima giornata del corso sul benessere organizzativo organizzato da Human Relations a Scandicci (programma). I suoi "Sei cappelli per pensare" ci hanno accompagnato in un importante esercizio che ha visto il gruppo di lavoro alle prese con un caso reale a cui applicare le tecniche di problem solving, adottando volta per volta quel particolare "mood" caratteristico degli atteggiamenti prevalenti e delle focalizzazioni associate ai diversi cappelli: bianco, quando ci si propone di attenerci scrupolosamente ai dati, senza esprimere giudizi e interpretazioni; rosso, quando si mettono in gioco le paure, la rabbia, l'entusiasmo, la gioia, ed in generale tutte le emozioni positive e negative legate alla situazione; nero, quando facciamo prevalere il pessimismo, e ci convinciamo che non riusciremo mai a risolvere quel problema. Dal nero dobbiamo poi passare al cappello giallo, quello legato all'efficienza e alla ricerca di un risultato a cui giungere; il cappello verde è quello delle soluzioni "fuori dal coro", anche pazze e ritenute inopportune o inosabili, che però possono smuovere l'organizzazione aiutandola a decidere di adottare una scelta più "normale". Infine, il cappello blu: quello di chi controlla che si arrivi ad un compimento, quale che sia, che guida i membri del team verso un percorso non necessariamente lineare, nel quale volta per volta si è chiamati a riconoscere il colore che prevale sui cappelli in testa.
Molto interessante anche il lavoro di "fine corso", dedicato alla costruzione in gruppo di un "oggetto fisico" in grado di rappresentare il gruppo stesso a partire da un set dato di materiali da costruzione. La consegna è quella che si tratti di un oggetto bello e solido. Il gruppo è chiamato ad assegnare specifiche responsabilità al proprio interno: chi coordina il gruppo, chi si occupa della gestione delle risorse, chi è addetto a curare gli aspetti estetici, chi a garantire la solidità del manufatto.
Rispettiamo i tempi assegnati alle varie fasi del lavoro: qualche minuto per l'assegnazione dei ruoli, trenta minuti per la progettazione del manufatto, trentacinque minuti per la sua realizzazione pratica. Abbiamo a disposizione tre cartoncini bristol, 2 pennarelli, 2 paia di forbici, 2 stick di colla, una scatola da scarpe, una squadra. Il gruppo lavora benissimo, producendo uno splendido fiore, composto da petali a forma di cuore, sui quali ciascuno di noi scrive un pensiero o una parola per identificarsi come membro del gruppo, e infilzato con un ingegnoso sistema all'interno della scatola di cartone, opportunamente rivestita dal cartoncino.
Insieme ripercorriamo, al termine dell'esercizio, le dinamiche che si sono succedute all'interno del gruppo durante il lavoro, approfondendo quelli che a nostro avviso sono apparsi i comportamenti che hanno facilitato il successo dell'impresa, e traendo spunti di riflessione da quei comportamenti che invece sono risultati molto adeguati.
Difficile riassumere le tante emozioni e i tanti apprendimenti che hanno caratterizzato questo ultimo modulo didattico, che – dopo un lungo percorso all'interno della persona – torna a battere di nuovo il terreno dell'organizzazione, per affrontare il complesso rapporto tra benessere personale sul lavoro e successo nelle organizzazioni.
Io esco dall'esperienza provando gratitudine per le counselor Anna Maria e Ilaria e per tutti i membri del gruppo che hanno condiviso con me questa avventura; sono commossa per la qualità degli apprendimenti di cui sono stata capace durante il percorso, ed assieme mi sento in pace nell'affrontare – da domani in poi – tutte quelle criticità del mio comportamento e dei miei atteggiamenti che il percorso ha avuto il merito di far emergere, senza per questo incidere negativamente sulla fiducia in me stessa e sulla mia autostima.
Si è trattato di un percorso umano e professionale che mi sento di consigliare a tutti coloro che hanno profondamente a cuore la qualità della propria vita, sia sul lavoro sia a casa, e che sentono la necessità di dotarsi di strumenti di approccio alla realtà più sofisticati ed assieme più efficaci di quelli che la semplice "esperienza di vita" è in grado di offrirci. Grazie ad Anna Maria e a Ilaria.