Ci sono tante persone che si riempiono la bocca di bei principi: l'importanza del servizio pubblico, la centralità dell'utente. Magari c'è anche qualche bibliotecario che si riconosce in questi principi, ma non appena li deve mettere in pratica, ecco che allora fa fare una bella caduta all'asino del proverbio.
Prendete ad esempio oggi. Sabato di pasqua. Qui alla San Giorgio siamo aperti fino alle 19, e tutti col sorriso sulle labbra. Certo, qualcuno ha fatto il ponte, ma qualcuno è rimasto, nella piena consapevolezza che la biblioteca sociale è anche questo: essere al lavoro quando gli altri si stanno riposando o divertendo. Facile mollare baracca e chicchi alle 14 del venerdì, dire "chi s'è visto s'è visto" e arrivederci e grazie. Facilissimo chiudere i servizi, e lasciare i cittadini a bocca asciutta.
E poi ne dico un'altra. E' facile lasciare che siano gli altri a fare gli orari scomodi: i precari, quelli della cooperativa. E i dipendenti a tempo indeterminato anche loro fanno ciao ciao con la manina alle due. Nient'affatto signori. Non ci sto.
E ne dico un'altra ancora. E' facile fare il direttore che va via alle due, e lascia gli altri a tirare il carretto. Io sono stata presente tutto il giorno (ma mi sono presa la pausa pranzo, regolarmente timbrata, per un giro di parrucchiera). Mattina e pomeriggio. Mattina. E. Pomeriggio.
Un tempo si chiamava "dare l'esempio". A me non piacciono i capi che appartengono al partito degli "Armiamoci e partite". Ne ho conosciuti, di tizi del genere. Da loro ho imparato pochissimo. Anzi, niente. Non mi hanno mai motivato a fare meglio. Hanno rappresentato i non-esempi da tenere alla larga. Se c'è una cosa a cui aspiro, dal punto di vista lavorativo, è il riconoscimento da parte dei miei collaboratori che ho sempre fatto del mio meglio, senza risparmio.