Arianna Huffington è una bella signora di oltre sessant'anni che a ragione può essere considerata un modello di emancipazione femminile: nata in Grecia e naturalizzata americana, è titolare di una storia incredibile (possiamo leggerla in breve qui), fatta di grande intelligenza e di strategici incontri (matrimoni compresi) con le persone giuste. Ha creato The Huffington Post, uno dei blog più letti e potenti del mondo, con anche una edizione italiana, diretta da Lucia Annunziata.
Da pochi mesi è uscita in Italia una sua speciale biografia, o – per meglio dire – un saggio personale, nel quale Arianna prende le mosse dalla sua storia per trarne alcuni elementi di riflessione a carattere generale sul successo e la riuscita delle donne e degli uomini nella società contemporanea. Il punto di partenza è rappresentato da un incidente occorsole mentre era in ufficio: un campanello d'allarme che l'ha condotta in ospedale e che le ha permesso di fermarsi un attimo a guardare con occhio critico al proprio stile di vita, che l'aveva portata a costruire un impero mediatico di enorme successo in pochi mesi, ma che nel contempo la costringeva a lavorare 18 ore al giorno, a dormire pochissimo, ad essere sempre connessa in rete, ad osare il multitasking a livello industriale, a non staccare mai un momento.
Questo modello di successo, incentrato su denaro e potere, non funziona più: né per gli uomini né per le donne. Dobbiamo individuare una terza metrica per ridefinire il successo e la felicità, che non rinneghi ingenuamente il denaro e il potere, ma che includa nei parametri anche il nostro benessere, il buon senso, la nostra capacità di meravigliarci e di fare la differenza nel mondo.
Benessere: oggi il lavoro di responsabilità richiede di sacrificare l'intera vita, fino all'annientamento totale. L'ossessione per il profitto conduce alla creazione di un ambiente di lavoro malato, dove i dipendenti soffrono di stress. La sola gestione della posta elettronica ci fa sentire come chi svuota il mare con un secchio. Siamo sempre sintonizzati parzialmente su tutto, e mai concentrati su nulla. Il cellulare è diventata una vera e propria ossessione, dalla quale non ci si libera neppure a tavola o a letto. Ricercare una vita più equilibrata tra lavoro e tempo per sé aumenta la performance aziendale, piuttosto che diminuirla.
Saggezza: si vive meglio quando si prova gratitudine per ciò che si ha, e si riesce ad affidarsi maggiormente all'istinto. Diventare saggi oggi significa rallentare il ritmo con cui facciamo le cose e liberarsi dall'ossessione della fretta. Dobbiamo disimparare l'abitudine a fare l'overbooking di noi stessi, una pratica auto-distruttiva guidata da quella che l'autrice chiama la "paura di restare anche solo con un briciolo di capacità inutilizzata, e nella certezza di riuscire a conciliare tutto quanto" (p. 151-152)
Meraviglia: occorre riscoprire la straordinarietà delle piccole cose di tutti giorni, evitando di diventare schiavi dell'ansia di documentare tutto ciò che vediamo in vacanza, con l'effetto di perdersi il gusto del momento. Non si tratta di rinunciare ai social network, ma di usarli in modo tale da non cancellare la nostra capacità di provare emozioni.
Dono: donare se stessi, il proprio tempo, la propria attenzione agli altri è una esperienza che ci permette di sviluppare nuove emozioni e di vivere in modo più sano ed equilibrato. La dimensione del volontariato attivo si impone come una scelta utile per migliorare la società e nel contempo puntare al miglioramento della nostra capacità di stare con gli altri.
La parte finale del libro è dedicata alla presentazione di un vero e proprio "esercito" di app e software utili per rallentare il ritmo, prendersi una pausa, disintossicarsi dall'eccesso di esposizione ai social media: tanti strumenti utili per accrescere la propria consapevolezza di quanto sia importante "cambiare passo".