Nella vita ci sono lavori facili e lavori difficili. Alcuni sono difficilissimi, come quello che da sessant’anni ininterrotti svolge, con dedizione e spirito di sacrificio, la regina d’Inghilterra. Tra visite ufficiali, inaugurazioni, riunioni col Primo Ministro, incontri con i capi di stato di tutte le potenze mondiali, Elisabetta II in effetti ha una vita piena di impegni. Per lei i libri non sono mai stati importanti: Non aveva mai avuto molto interesse per la lettura. Leggeva, naturalmente, ma la passione per i libri la lasciava agli altri. Era un hobby e la natura del suo mandato non prevedeva hobby […] inoltre, leggere non era agire, e lei era una donna d’azione, ci dice l’autore. Insomma, Elisabetta ha tutt’altro in testa che i libri, almeno finché – in modo del tutto casuale – non si imbatte nel furgone della biblioteca circolante che fa tappa tutte le settimane davanti alle cucine di Buckingham Palace. Qui la regina, più per educazione che per reale passione, si sente in dovere di prendere un libro in prestito, scoprendo altresì che un suo servitore a lei finora sconosciuto, un certo Norman, è invece un grande amante della lettura.
Da lì tutto cambia: la sovrana, conquistata dai libri, nomina Norman suo personale assistente di lettura, e soprattutto comincia a guardare al mondo con occhi completamente diversi, fino a trascurare gli impegni di corte e addirittura ad indossare lo stesso vestito due volte di seguito.
Posava le prime pietre con meno slancio e se doveva varare una nave la mandava a scorrere giù per lo scalo senza tante cerimonie, come una barchetta su uno stagno; e intanto pensava al libro che l’aspettava.
Il suo segretario particolare, Sir Kevin Scatchard, è preoccupatissimo degli effetti che la lettura comincia a sortire sui comportamenti della sovrana, divenuta all’improvviso lettrice:
«È importante» disse Sir Kevin « che Sua Maestà non perda di vista gli obiettivi». «Quando dice “non perdere di vista gli obiettivi”, Sir Kevin, immagino intenda stare sulla palla. Be’, dopo esserci stata per sessant’anni, penso di potermi guardare un po’ intorno». La regina si accorse di aver un po’ stiracchiato la metafora, ma tanto Sir Kevin non se n’era accorto.
«Capisco» disse lui « Sua Maestà deve passare il tempo».
«Passare il tempo?» esclamò la regina. «I libri non sono un passatempo. Parlano di altre vite. Di altri mondi. Altro che far passare il tempo, Sir Kevin; non so cosa darei per averne di più».
La nuova attitudine alla lettura della regina mette in crisi il Palazzo: il povero Norman viene spedito a studiare all’università, mentre si cerca l’aiuto di un anziano valletto di corte, l’unico forse in grado di riportare la sovrana sulla retta via. Ma ormai la lettura ha fatto i suoi danni: niente è destinato ad essere più come prima.
Con un finale a sorpresa del tutto inatteso (e che qui non sveliamo), la regina darà a tutti una grande lezione di stile e di intelligenza.
Con questo piccolo gioiello di letteratura umoristica in perfetto stile “british”, lo scrittore Alan Bennett ci regala la storia deliziosa di una lettrice non comune (“The uncommon reader” è appunto il titolo originale del romanzo, tradotto per Adelphi da Monica Pavani), che – al pari di tutti gli altri lettori, compresi quelli comuni – si lascia trasformare dal potere della lettura e dalla sua capacità di renderci più ricchi di sfaccettature, più privi di certezze granitiche, più critici nei confronti della realtà esterna. In una parola, più umani.