Questo libro risulterà utile non soltanto a chi fa ricerca storica, ma anche ai cultori delle discipline umanistiche, ai bibliotecari e a tutti gli altri soggetti che operano a vario titolo nella filiera di produzione della memoria sociale collettiva (dagli studiosi per mestiere ai semplici cittadini interessati ad approfondire il tema dell'identità collettiva). La sua primaria utilità sta nella capacità di sollecitare i lettori ad uscire da un guado pericoloso, che li vede oscillare tra sentimenti opposti nei confronti della rivoluzione tecnologica e del cosiddetto "information overload": da un lato, la resistenza passiva e cocciuta, tipica dei laudatores temporis acti, di chi vuole affermare la presunta superiorità delle fonti tradizionali rispetto alle fonti digitali, puntando il dito sullo scemare dell'autorialità, che ha reso difficile distinguere il vero dal falso; dall'altro lato, l'entusiasmo ingenuo, tipico dei neofiti, nei confronti del "nuovo che avanza", sostenendo indirettamente la vulgata secondo la quale le biblioteche e gli archivi non servirebbero più a niente, visto che ormai c'è tutto su internet.
Tra questi due estremi, che rappresentano entrambi il risultato di pericolose derive culturali, il libro si impegna a ricercare un nuovo equilibrio tra la consapevolezza dei problemi nati dallo scenario digitale (in primis la stabilità nella produzione, nella fruizione e nella conservazione degli oggetti digitali) e la consapevolezza dello straordinario orizzonte di possibilità aperto dal web, sia sul fronte dell'uso delle fonti digitali, native o derivate, sia sul fronte della comunicazione degli esiti delle ricerche.
I saggi raccolti nel volume, che segnalano lo stato dell'arte sulle fonti digitali relative alle diverse epoche della storia umana, ci offrono l'occasione di restituire una dimensione profonda e critica alla ricerca su internet, che spesso nelle pratiche quotidiane persino degli studenti universitari si esaurisce nella mera consultazione delle voci di Wikipedia, che – al di là della effettiva affidabilità dei contenuti – si presentano come "oggettive", là dove invece stabiliscono connessioni che la ricerca storica non dovrebbe dare per scontate, ma anzi dovrebbe porre come oggetto di indagine.
Il libro aiuta inoltre a inquadrare la questione dell'accesso e dell'uso delle fonti storiche nel contesto "politico" dell'attuale situazione della ricerca storica nell'università italiana, in cui i tempi di produzione del titolo di studio si sono accelerati a fronte di una fortissima riduzione dell'investimento personale dello studente nei confronti del lavoro di tesi, con l'effetto di azzerare o quasi i tempi di riflessione e di approfondimento.
In questo contesto si pone il problema della responsabilità formativa all'uso del web, che apre uno scenario nuovo di titolarità a favore delle biblioteche, chiamate a considerare il mondo di internet non come un avversario, ma come un alleato in grado di aiutarle a perseguire al meglio il proprio obiettivo primario di trasmettere ed elaborare la memoria sociale collettiva.