Il titolo del libro ti cattura subito: impossibile resistere alla curiosità di scoprire che esiste qualcosa di cui non avevamo mai sentito parlare, e che – almeno negli auspici dell'autore – è destinato a detronizzare il marketing, sancire la sua fine e prendere vittorioso il suo posto nel mondo. Una volta iniziata la lettura, la curiosità lascia il posto al piacere per un testo accattivante, ironico ed anche ricco di spunti e consigli pratici pronti all'uso.
Dunque, lasciamoci conquistare dallo smarketing! Cominciamo però a capire bene di cosa si tratta. Per farlo, dobbiamo partire dalla interpretazione che l'autore del libro dà del marketing: una disciplina che – a suo dire – persegue la finalità di aumentare le vendite il più possibile, costi quel che costi, senza valutare l'impatto sociale, culturale e ambientale della produzione e della commercializzazione di sempre nuove merci, anche del tutto superflue. Certo è che, se il marketing è una bestia così brutta e cattiva, meglio sostituirla con qualcosa di più ecologico ed etico: ecco appunto lo smarketing, che si propone non già di aumentare le vendite tout court, ma di migliorare la comunicazione e l'intesa tra venditore e consumatore, con una attenzione speciale al rispetto dell'etica, dell'ambiente e del benessere delle persone.
Un approccio di questo genere andrà a genio in modo particolare a chi opera nelle associazioni no profit, nelle istituzioni ad alto valore sociale (come le biblioteche, espressamente citate dall'autore), ma anche a chi sta sul mercato, e fa della propria attività la fonte del proprio sostentamento, senza per questo rovinare la vita propria e degli altri: pensiamo innanzi tutto ai produttori a chilometro zero, agli artigiani, agli artisti,ai produttori di frutta e verduta biologica, ai ristoratori che vogliono diffondere la filosofia vegetariana e vegana.
Lo smarketing è il metodo di lavoro che permette a persone del genere di imparare a comunicare meglio con i propri clienti reali e potenziali, a vendere "il giusto", senza sfruttare se stessi e gli altri per produrre sempre di più, con un occhio di riguardo ai costi (la fatica personale e altrui, il consumo di energia e di materie prime), alla soddisfazione (nel lavoro bisogna divertirsi, appassionarsi, stare vicini a persone piacevoli, avere riscontri positivi), e anhe alla complessità della relazione con il mercato, scegliendo la strada di rendersi disponibili a chi ci cerca, e non andare a cercare i clienti.
Da qui prende le mosse l'esame degli errori più frequentemente commessi da chi non conosce le tecniche di comunicazione, ed agisce in modo estemporaneo e privo di continuità, con l'effetto di rovinarsi la reputazione, o rimanere sconosciuto ai più, o riempire in modo inappropriato i volantini promozionali, con l'effetto di allontanare i potenziali clienti o sostenitori.
Ogni piccola realtà, anche senza investimenti pubblicitari in denaro, può imparare a comunicare con i clienti potenziali valorizzando la propria diversità e soprattutto sostenendo il valore dei principi a cui si ispira ogni giorno, evitando i trucchetti, le bugie e gli effetti speciali della pubblicità classica ma ricercando una fidelizzazione con il cliente che è prima di tutto reciprocità. Imparando a comunicare come "dilettanti competenti", sarà possibile affrancarsi dai professionisti della comunicazione (che non tutti hanno i soldi per pagare), senza per questo rinunciare a parlare di noi con gli altri.
Definire sovversivo il libro di Marco Geronimi Stoll è forse troppo; bisogna ammettere però che queste pagine cantano, anche se a modo loro, una canzone originale e fuori dal coro: se non altro per questo, meritano di essere perdonate quando introducono, per buon gioco del discorso, una distinzione un po' troppo netta tra buoni e cattivi che forse meritava qualche sfumatura in più, se non altro per rispetto di quelle imprese che, pur non operando nel mondo amato dall'autore, fanno della responsabilità sociale un loro obiettivo primario, e per presa d'atto dell'approccio aggressivamente orientato al profitto di più di una impresa sociale. Ma queste sfumature in più ci avrebbero forse impedito di godere di una lettura piacevolissima, durante la quale ci schieriamo senza ombra di dubbio dalla parte dei buoni.