C’è un silenzio di tomba in ufficio: al mattino sono praticamente da sola nell’immenso spazio della San Giorgio, mentre una collega si dedica al punto prestito alla COOP e altri due colleghi svolgono le loro attività di riordino e catalogazione a distanze considerevoli da me. Tutti gli altri, quelli che non hanno accolto il mio invito a farsi il ponte, utilizzando le ferie a disposizione, lavorano nel pomeriggio, in una biblioteca finalmente rinvigorita da una forte presenza umana.
Io che non sto al pubblico (quanto mi manca il pubblico dell’Impruneta e di Castelfiorentino!) misuro la diversità di una giornata di ponte dalle consuete giornate, dove l’interruzione del telefono punteggia un’attività messa sotto pressione dall’incedere delle scadenze e degli eventi. Ora o mai più, mi dico. E mi metto con successo a riordinare uno dei due armadi nei quali in questi mesi ho archiviato (nel senso di “ho accumulato in ordine sparso”) tutte le carte e i materiali che non hanno trovato posto sulla enorme scrivania del mio ufficio direzionale.
Rovescio tutto quanto sul ripiano del tavolo, trasformando per qualche ora la mia scrivania nell’equivalente nerd del cesto dove si raccoglie la biancheria appena tolta dalla lavatrice, e ancora sotto l’effetto della centrifuga.
Mi armo di un grande sacco di carta per la raccolta differenziata, e – uno dopo l’altro – duello con i miei nemici: tutte quelle carte accumulate nei mesi, che bastava guardarle – ma, che dico, sbirciarle – per farmi maturare un acido senso di inadeguatezza.
Sono bastate 2-3 ore per il miracolo: l’armadio è perfettamente ordinato, le carte che meritavano di essere conservate hanno raggiunto la loro naturale location, mentre tutto ciò che ha fatto paccottiglia ha preso la via del riciclo.
Chi avrebbe mai detto che fossi dotata di una scorta niente male di buste di carta di varie dimensioni, di buste trasparenti per i contenitori ad anelli, persino di cartelline per la giunta e di moduli per le missioni? Tutto era disarmonicamente mescolato in una pollockiana fantasia che ora ha perso cittadinanza. Le carte corrispondenti alle “cose da fare” sono davvero pochissime: a riprova che, nonostante l’acido senso di inadeguatezza, posso tranquillamente considerarmi “in pari” con scadenze, adempimenti e incartamenti.
Niente di meglio di questo space clearing ben augurante per un’attività d’ufficio che si presenta con tutte le carte in regola per garantire non soltanto un gran daffare, ma anche e soprattutto un senso di grande soddisfazione e divertimento.
Sono nello spirito giusto per far lavorare il tempo nella mia squadra: le varie attività in programma si svolgono in una insperata ma graditissima scioltezza. Niente paura: mercoledì prossimo la macchina si rimetterà in moto, interruzioni e intoppi torneranno a farsi sentire, ma io nel frattempo mi godrò il mio archivio perfetto. Son soddisfazioni.