Si torna a casa. Le vacanze in Calabria sono per me terminate (Antonio si godrà tra breve un'altra settimana di mare), e mi appresto a riprendere quella che posso correttamente chiamare "una vita normale", fatta di obblighi, impegni e scadenze, oltre che di granite, bagni al mare e creme doposole.
Dopo il viaggio durato tutta la notte, la giornata è dedicata ai riti del rientro: la lavatrice si prende cura dei vestiti ancora cosparsi di sabbia, sul tavolo del soggiorno i tanti regali comprati in Calabria, da distribuire ai familiari e agli amici più cari, una "spesa grossa" per dare sollievo ad un frigorifero che per due settimane è rimasto completamente vuoto, le valigie sono finalmente svuotate e ripulite, prima di tornare nella soffitta dove abiteranno silenziose fino al prossimo natale.
Tutto è di nuovo attivo, tornano i rumori consueti. Torna il pensiero alle cose di tutti i giorni. Sono serena, e non sento la nostalgia della vacanza, o l'oppressione per la prospettiva della ripresa imminente del lavoro. E non già perché la vacanza non sia stata piacevole (tutt'altro!). Specialmente quest'anno – complice, forse, un tempo meteorologico quasi autunnale, che non ha fatto "sentire" l'arrivo dell'estate – non ho avvertito la fatica degli ultimi mesi di lavoro, ma al contrario sono arrivata a metà agosto in scioltezza, senza provare stress e senza desiderare di fuggire dall'ufficio.
Sono tornata alla mia vita, e la mia vita mi piace. Così com'è, senza doverla immaginare diversa. Non è tutta rose e fiori, né tanto meno mi chiama a cimenti leggeri: ma è quella che ho voluto pezzo dopo pezzo, e che non cambierei con quella di nessun altro. Certo, come non desiderare essere più ricca, avere più tempo libero, o entrare con agio nella taglia 40? Ma queste sono pinzillacchere: la mia biografia mi piace così com'è, a Pistoia, con Antonio, le gattine che crescono, la mia casa, il lavoro alla San Giorgio e alla Forteguerriana, gli amici (tanti quanti non mi è mai capitato in passato), le persone di famiglia a cui voglio bene, le cose che io e Antonio abbiamo deciso di comprare e che ci aiutano a stare bene insieme. Le sicurezze che fanno bene al cuore di chi ha la mia età oggi: il conto in banca che ci pone al riparo da ogni pericolo di crisi, il lavoro ancora "sicuro", finché dura, la salute, un capitale di competenze in grado di non soccombere di fronte ai cambiamenti, un'attitudine positiva a guardare a ciò che verrà e avverrà. La sensazione di avere ancora tanto da fare prima di dire che è arrivato il momento di riposarsi e ritirarsi tra il pubblico in attesa della fine della storia.
Lasciamo Reggio Calabria attorno alle cinque del mattino. La Via Marina è silenziosissima: solo la gelateria Cesare risulta aperta, mentre il mare è ancora scuro. Raggiungiamo nel silenzio il Winner di Gallico, dove si sta riversando la gioventù reggina appena uscita dalle discoteche: tacchi a spillo e minigonne come se piovesse, ragazzi azzimati dall’aria arzillissima, come se la giornata non stesse per finire, ma stesse per cominciare. Il Winner è un bar molto famoso in zona per lo speciale assortimento di brioches e paste alle ore più strane della notte; le dimensioni dei “pezzi dolci” ricordano i formati famiglia degli acquisti in bulk.
Ci aspetta una giornata di viaggio lunga e impegnativa, che però interrompiamo con una piacevolissima sosta a Terni, dove ci aspetta uno splendido pranzo in famiglia. Come i vecchi soldati di leva, ci siamo fatti un due+due (due giorni di licenza, due giorni di viaggio) che hanno sicuramente meritato la fatica.
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Alghero-Pisa 50 minuti, Pisa-Pistoia 4 ore. Come dire, le distanze sono un'opinione, a differenza della matematica. Riesco comunque ad entrare in servizio alle 14, trascorrendo il pomeriggio in ufficio, dove – come sempre – mi aspetta un bel gran daffare.
In questo momento, poi, siamo nella fase "moltiplicazione dei pani e dei pesci": le attività in ponte sono così tante che ci vorrebbero nove vite come i gatti per poterle realizzare tutte. Ma la voglia di svuotare il mare, sia pure con un ditale piccolo, c'è tutta, e quindi eccomi di nuovo in piena attività, dopo una domenica di lavoro ma anche di riflessione buona e di utile "pensamento".
Il viaggio in treno, peraltro, mi ha permesso di cominciare e finire un nuovo libro, che ho letto volentieri, in vista della presentazione in programma tra qualche settimana alla San Giorgio: Nel vento, di Emiliano Gucci. Prima di parlarne, però, ho bisogno di rifletterci un po': esprimere ora un giudizio a caldo su questo libro mi porterebbe forse a dire cose di cui non sono interamente convinta.
Per la recensione vera e propria, dunque, bisognerà aspettare ancora un pochino. Nel frattempo, mi butto a capofitto nelle cose da fare.
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La settimana di vacanza in Calabria è finita, ed è arrivato il momento di rientrare a casa. Alle sei del mattino in centro a Reggio il termometro segna 28 gradi: meglio affrettarsi a partire, prima che il caldo si faccia sentire troppo. Allunghiamo però il tragitto fino al lungo mare, per dare un'ultima occhiata a quella distesa di azzurro nella quale ci siamo immersi in questi giorni, dando un gran daffare alla melanina contenuta nelle nostre cellule.
Il viaggio da Reggio Calabria a Cascina dura all'incirca 10 ore: oltre mille chilometri, con la parte più critica rappresentata dalla Salerno-Reggio Calabria, un'autostrada che fa i conti da sempre con qualche cantiere aperto di troppo. Il viaggio si svolge però in modo molto tranquillo: il traffico c'è ma non crea il minimo problema. Ci alterniamo alla guida (nel senso che Antonio guida e io dormo nel 90% del tempo, e per il restante 10% io guido e chiedo ad Antonio che controlli se devo svoltare da qualche parte o andare sempre a diritto), fermandoci solo per i caffè e le pipì di rito.
Alle quattro e mezzo siamo a casa, dove troviamo Gatta Franca pronta ad accoglierci con un surplus di miagolii di benvenuto e di rimprovero: mi avete lasciata a casa mentre voi eravate da qualche parte al di là della sbarra (sapete, per Gatta Franca il mondo finisce al di là della sbarra che delimita la proprietà del condominio, un po' come erano le colonne d'Ercole per gli antichi, e non sa che cosa c'è al di là).
Scaricare la povera Musa, trasformata per l'occasione in un TIR di Bartolini, è un'impresa impegnativa: abbiamo una quantità enorme di "roba extra-calorica" da distribuire a familiari e amici toscani, preparata dalla mamma di Antonio o comprata in qualche negozio specializzato di Reggio: dolci, nduja, salami stratosfericamente buoni. Noi giuriamo e spergiuriamo che non assaggeremo nemmeno un pezzettino di tutto quel bendiddio, giacché dobbiamo scontare i peccati della settimana più calorica della nostra vita.
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