Durante la trasmissione RAI "Uno Mattina" il critico Philippe Daverio ha preso le mosse da una richiesta di prestito dei Bronzi di Riace da parte della città di Messina per sparare a zero contro Reggio Calabria. Da sempre Daverio ha sostenuto che i Bronzi debbano trovare migliore collocazione in un museo più accessibile e di migliore qualità, in altra parte d'Italia, magari a Firenze.
Le sue parole sono state di fuoco (vedi): "Reggio Calabria è una città terribile, è un miracolo che la gente vada a Reggio. I Bronzi, quando erano esposti a Roma, hanno fatto in pochi mesi più visitatori di quanti ne abbiano fatto in anni lì. Il museo possiede anche materiali formidabili di una bellezza incredibile ma non c’è nessuno. La città è una catastrofe, grottesco pensare che i Bronzi possano essere un richiamo turistico”.
La polemica esplode: da qui le scintille si vedono benissimo. Insorgono i reggini, dei quali si assume il ruolo di portavoce l'assessore provinciale alla cultura Lamberti Castronuovo, di cui tutto si può dire, ma non che non ami comparire sulla sua tv per difendere a spada tratta l'identità ferita dei reggini.
Le parole di Daverio non sono certo un capolavoro di diplomazia; anzi, quel che è certo è che Daverio ha fatto un vero e proprio autogol, perché – nell'esagerare i toni – ha prestato il fianco allo sdegno degli accusati, i quali si sono ritrovati – serviti su un piatto d'argento – tutti i motivi per giocare la carta dell'indignazione per l'offesa subita, lasciando da parte, abilmente, le questioni oggettive che stanno dietro le parole di Daverio.
La città di Reggio è sporca ad un livello assolutamente indecente. Le strade del centro sono letteralmente piene di spazzatura, sparsa da mesi e mai raccolta. Non c'è una offerta culturale all'altezza di una città importante, turistica e popolosa come questa, e la mostra "Arte torna arte" è una goccia nel mare per poter assumere il ruolo di medicina in grado di guarire tutte le ferite.
La via Marina non offre niente oltre ai gelati di Cesare, del Sottozero e del Caffè Matteotti. Le installazioni di Rabarama (già ampiamente rovinate dall'incuria collettiva) non sono minimamente "accompagnate" da alcuna segnalazione. Non c'è traccia di offerta musicale, cinematografica; non ci sono punti prestito della biblioteca sul lungomare. Non c'è niente oltre il mare, bellissimo, i gelati, buonissimi, e un corso Garibaldi dove c'è il trionfo della merce in saldo.
Troppo facile, per i decisori politici, attestarsi sull'indignazione per l'offesa subita, senza entrare nel merito del "nulla che impera", senza assumersi la responsabilità di ciò che non c'è e che ci dovrebbe essere.