Gelosia e invidia: due emozioni “scomode”, che tutti proviamo in certi momenti della vita, ma che tendiamo a negare non solo agli occhi degli altri, ma persino ai nostri occhi. Non è facile ammettere di provare gelosia nei confronti del nostro oggetto d’amore o di provare invidia nei confronti di un’altra persona che ha ottenuto un risultato per noi molto desiderabile, ma purtroppo lontano dalla nostra portata: non è facile, perché il gruppo sociale ci invita a “nascondere” o almeno a simulare quelle emozioni che hanno con sé elementi di potenziale conflitto e scontro con gli altri.
Eppure si tratta di emozioni vere, che – in quanto tali – hanno una ragion d’essere, e pertanto reclamano il proprio spazio vitale. Conoscerle è sicuramente il primo passo per governarle e trasformarle in un carburante positivo per la propria vita, senza rimanerne schiavi.
Questo è stato l’argomento di una interessante conferenza tenuta oggi pomeriggio dallo psicologo clinico Massimo Macchi presso la Biblioteca San Giorgio, nell’ambito del ciclo di incontri Tu chiamale se vuoi scomode emozioni, curato dall’Associazione Psicologi Psicoterapeuti Toscana.
La conferenza ha preso le mosse dalla definizione delle due emozioni: la gelosia come timore di venire deprivato di qualcosa che l’altro non ha, l’invidia come timore di non poter avere qualcosa che l’altro ha. Dunque, si tratta di emozioni “sociali”, che si sviluppano dalla relazione con l’altro.
Nel caso della gelosia, il rapporto è solitamente a tre: il soggetto che prova tale emozione, la persona che rappresenta il suo oggetto d’amore, e il rivale (o la rivale) che insidia (anche soltanto potenzialmente) l’oggetto di tale amore. L’oggetto d’amore può essere un giocattolo (come accade nel caso dei bambini) o il partner nella relazione di coppia.
Nel caso dell’invidia, il rapporto è invece tra il soggetto che prova tale emozione e un’altra persona verso la quale si accende un risentimento per quello che è o che ha.
Accanto all’invidia cattiva, malevola e distruttiva, c’è anche l’invidia buona, quella che si nutre dell’ammirazione per chi è migliore di noi, favorisce lo spirito di emulazione, stimola la competitività, fino a diventare un grande motore di cambiamento e miglioramento sociale.
Tutti noi abbiamo la possibilità di mettere in atto alcune strategie di coping per far fronte all’invidia: soprattutto nella giovane età rispondiamo con l’emulazione, la competizione e la spinta all’azione; con la maturità preferiamo compensare, concentrandoci sulle proprie positività; nella terza età prevale invece la distrazione, ovvero il pensare ad altro.
In ogni fase della vita una buona gestione di queste emozioni parte dal riconoscerle, per poi darsi credito personale. Solo la fiducia in se stessi, una buona autostima e una buona assertività ci permettono di convivere serenamente con queste emozioni.
Gelosia e invidia: due emozioni “scomode”, che tutti proviamo in certi momenti della vita, ma che tendiamo a negare non solo agli occhi degli altri, ma persino ai nostri occhi. Non è facile ammettere di provare gelosia nei confronti del nostro oggetto d’amore o di provare invidia nei confronti di un’altra persona che ha ottenuto un risultato per noi molto desiderabile, ma purtroppo lontano dalla nostra portata: non è facile, perché il gruppo sociale ci invita a “nascondere” o almeno a simulare quelle emozioni che hanno con sé elementi di potenziale conflitto e scontro con gli altri.
Eppure si tratta di emozioni vere, che – in quanto tali – hanno una ragion d’essere, e pertanto reclamano il proprio spazio vitale. Conoscerle è sicuramente il primo passo per governarle e trasformarle in un carburante positivo per la propria vita, senza rimanerne schiavi.
Questo è stato l’argomento di una interessante conferenza tenuta oggi pomeriggio dallo psicologo clinico Massimo Macchi presso la Biblioteca San Giorgio, nell’ambito del ciclo di incontri “Tu chiamale se vuoi scomode emozioni”, curato dall’Associazione Psicologi Psicoterapeuti Toscana.
La conferenza ha preso le mosse dalla definizione delle due emozioni: la gelosia come timore di venire deprivato di qualcosa che l’altro non ha, l’invidia come timore di non poter avere qualcosa che l’altro ha. Dunque, si tratta di emozioni “sociali”, che si sviluppano dalla relazione con l’altro.
Nel caso della gelosia, il rapporto è solitamente a tre: il soggetto che prova tale emozione, la persona che rappresenta il suo oggetto d’amore, e il rivale (o la rivale) che insidia (anche soltanto potenzialmente) l’oggetto di tale amore. L’oggetto d’amore può essere un giocattolo (come accade nel caso dei bambini) o il partner nella relazione di coppia.
Nel caso dell’invidia, il rapporto è invece tra il soggetto che prova tale emozione e un’altra persona verso la quale si accende un risentimento per quello che è o che ha.
Accanto all’invidia cattiva, malevola e distruttiva, c’è anche l’invidia buona, quella che si nutre dell’ammirazione per chi è migliore di noi, favorisce lo spirito di emulazione, stimola la competitività, fino a diventare un grande motore di cambiamento e miglioramento sociale.
Tutti noi abbiamo la possibilità di mettere in atto alcune strategie di coping per far fronte all’invidia: soprattutto nella giovane età rispondiamo con l’emulazione, la competizione e la spinta all’azione; con la maturità preferiamo compensare, concentrandoci sulle proprie positività; nella terza età prevale invece la distrazione, ovvero il pensare ad altro.
In ogni fase della vita una buona gestione di queste emozioni parte dal riconoscerle, per poi darsi credito personale. Solo la fiducia in se stessi, una buona autostima e una buona assertività ci permettono di convivere serenamente con queste emozioni.