L'attività formativa di questa mattina ci porta a discutere di "utenti difficili": come gestirli, come trattarli, come non cadere nella trappola della reazione emotiva, non mediata dalla "corteccia cerebrale". Affrontiamo in modo particolare il caso delle negatività immotivate, quelle che si accompagnano all'uso di espressioni estreme, caratterizzate dagli avverbi "mai" e "sempre". "Voi siete tutti degli incapaci", "In questa biblioteca non combinate mai niente di buono", "Bisognerebbe mandarvi tutti a casa e dare il lavoro a chi ne ha davvero bisogno". Oppure "I vostri servizi fanno schifo". Di fronte a persone che sono arrabbiate col mondo, e sfogano le loro tensioni su di noi, c'è poco da rispondere a tono.
Anch'io racconto, assieme agli altri, un caso che mi è rimasto particolarmente impresso: quello di chi si è lamentato con me perché – a suo avviso – non ero mai presente in ufficio, quando invece aveva urgentemente bisogno di parlarmi. Peccato però che non mi avesse mai telefonato per prendere un appuntamento, né tanto meno avesse chiesto di essere chiamato per fissare questo incontro: il suo approccio era quello di "passare" a suo piacimento, in giorni e ore non determinati, per provare a chiedere se io fossi lì Un metodo sicuramente inefficace per fissare l'appuntamento, e ingeneroso per giudicare del mio comportamento lavorativo. Quando sono riuscita a "incappare" nel signore in questione, ho cercato di spiegarle – nel modo più gentile possibile – che il modo più semplice per poter parlare con me era quello non di "provare a passare", ma di lasciare il proprio numero di telefono per farsi richiamare e fissare l'incontro.
Ci sono dei momenti in cui è difficile essere pazienti, almeno per me. L'incontro di oggi ha sicuramente l'effetto di rafforzare la capacità del gruppo di affrontare i casi difficili in modo funzionale, rispettando la dignità nostra ma puntando a trovare soluzioni positive ai conflitti.