Hans Magnus Enzensberger
Josefine e io
Torino, Einaudi, 2010
Traduzione di Valentina Tortelli
E' una vetusta borsetta di perline l'involontaria protagonista di questo delizioso romanzo breve: una borsetta rocambolescamente sottratta per strada alla sua legittima proprietaria, Josefine, da un ladro così inesperto da farsi acciuffare con facilità da un uomo ben poco palestrato, Joachim, che per caso ha assistito alla scena. Lo scippo non ha dunque esito, e l'anziana signora dall'aria démodé, per ringraziare il giovanotto del nobile gesto, lo invita a casa sua a bere una tazza di tè. L'incontro fortuito sarà destinato a trasformarsi in un appuntamento settimanale a cui entrambi finiscono con l'attaccarsi fortemente, nonostante le differenze tra loro siano praticamente incolmabili: lei in gioventù è stata una cantante lirica di successo, e ora, quasi alla fine del suo viale del tramonto, vive ritirata in una villa cadente, attorniata da pochissimi mobili e accudita da una serva polacca che rappresenta il suo unico contatto col mondo esterno; lui è un economista trentenne, che si occupa di analisi sociali ma che all'improvviso trova nelle conversazioni con la bizzarra vecchietta un nuovo motivo per andare avanti.
L'improbabile amicizia tra due personaggi così male assortiti diventa per l'autore, grande vecchio della letteratura tedesca, l'occasione per riflettere su temi fondamentali per la Germania: la scommessa della riunificazione tra Est e Ovest, la necessità dell'oblio per liberarsi dal fardello dell'eredità nazista, troppo pesante da portare. Ricorrendo al topos letterario del diario di questa amicizia, ritrovato dopo anni dal suo autore, Enzensberger ci restituisce un delizioso spaccato della storia tedesca, idealmente corredato da un omaggio a Kafka, che dedicò il suo ultimo romanzo alla figura della cantante lirica Josefine, con un finale a sorpresa che ovviamente non va svelato, ma che induce il lettore ad un ripensamento integrale della vicenda narrata.