L'impressione è quella di essere tornati cento anni indietro. La compagnia Progetto Teatro porta in scena la Lisistrata nella versione "post-moderna" di Monica Menchi nel piccolo teatrino di Montemurlo. Siamo in una piazza piccola, con un bar-casa del popolo, un altro baretto, e una bella costruzione moderna che accoglie una piccolissima sala incontri e uno spazio espositivo minuscolo. Niente di che.
In un paesino così piccolo e così tranquillo succede l'inenarrabile: l'assessore alla cultura, giovane signora nata nel 1983 e militante nel partito SEL, ha da ridire sulla locandina dello spettacolo, che ritrae la figura di Lampitò presa da dietro: sottoveste e calze, ma il corpo è lì a farsi notare. Niente di impudico, per carità del Signore. Così Francesca-Lampitò va in scena, e così viene ritratta, con tanto di parruccone rosso fiamma.
L'assessore dice che si tratta di una mercificazione del corpo femminile, e che non accetta che un manifesto del genere venga affisso. Mercificazione del corpo femminile? Ma di cosa si sta parlando? Il negoziato con la compagnia fa giungere la faccenda al punto di modificare la locandina coprendo il corpo di Francesca-Lampitò con un bellissimo rettangolo quadrato, dalla scritta "CENSURA".
Ma il bello è che i manifesti non vengono appesi da nessuna parte, neppure con la correzione bigotta: niente manifesti in giro, uno che uno. Neppure in teatro. Né in piazza, né al circolino, né al baretto. Niet. Nada. Rien de rien.
La compagnia smonta tutto e se ne va. L'impiegato del Comune dice: Io ho fatto il mio, anzi di più.
Complimentoni a Montemurlo. Le magnifiche sorti e progressive del pensiero e della cultura in questo paese hanno ampie soglie di sviluppo e speranza nel futuro. Avanti tutta e buon divertimento.