Stasera abbiamo passato la serata in casa, troppo stanchi per uscire o darci alla vita sociale, dopo una giornata di lavoro decisamente impegnativa. Guardiamo volentieri alla TV un film di oltre vent'anni fa, Piccole donne, interpretato da una bravissima e giovanissima Wynona Ryder nel ruolo di Jo, con un cast di tutto rispetto (Susan Sarandon che fa la signora March, Gabriel Byrne che interpreta l'insegnante tedesco destinato a diventare marito di Jo). Il libro è stato uno dei classici della mia infanzia, come per tantissime bambine della mia generazione e di quelle viciniori (ma adesso le bambine lo leggono ancora? Non saprei…). Credo di averlo letto decine di volte, nell'intento di trarne qualche spunto, qualche riferimento utile per la mia vita di bambina: facevo il tifo per Jo, mi riconoscevo nella sua indipendenza, ma mi piaceva anche Amy, così frivola, ma poi così giudiziosa nelle scelte importanti; piangevo per Beth e per i poveri che andava sempre ad aiutare, e gioivo con lei quando poteva suonare il piano. E' un libro che ha segnato la mia infanzia, e che – ovviamente – ho dimenticato, come si deve fare con i libri importanti. Per questo non mi sono scandalizzata né risentita per i tanti cambiamenti che la regista australiana Gillian Armstrong ha voluto introdurre nella sua opera rispetto al testo ispiratore.
Mi ha fatto piacere ripensare a quel libro, alle emozioni che mi ha ispirato, alle tante contraddizioni che esso porta con sé, e che ho ripercorso leggendo questo commento e questo commento.