Le medicine cominciano a fare il loro corso, lasciandomi in regalo stanchezza e abbattimento. Quasi nulla la capacità di concentrazione; impossibile leggere, vista l'entità della tosse. Mi rifugio a letto e decido di guardarmi almeno un film, contando sulla piccola scorta fatta dalla biblioteca la scorsa settimana. Scelgo a caso. Precious.
Un film veramente notevole, visto probabilmente nel momento sbagliato (quando si è ammalati, meglio guardarsi Miracolo sulla 34a strada). Comincio da alcuni elementi del tutto esterni, che già di per sé promettono bene. Tra gli interpreti, Lenny Krawitz e Maria Carey, ma non è un film musicale. Produttrice Ophra Winfrey, ma non è un film che parla di mass-media. Un oscar, vari premi minori.
Cominciamo. La storia è tostissima. Siamo ad Harlem a metà degli anni Ottanta. Protagonista della vicenda una ragazzina obesa, Precious, che vive in un contesto familiare gravemente degradato: a sedici anni, è già al secondo figlio. Tutto merito del padre: un uomo che la violenta da quando aveva tre anni, e che la preferisce alla moglie, con l'effetto di scatenare la violenza più sfrenata di quest'ultima contro la figlia, considerata stupida e puttana. Quasi analfabeta, Precious a sedici anni è ancora alle medie, ma deve lasciare la scuola a causa della gravidanza.
Le consigliano una scuola speciale, dove riesce ad imparare a leggere e a scrivere. Nonostante il suo pesantissimo bagaglio di violenza, intimidazione e arretratezza culturale, Precious riesce a far fronte alla violenza del padre e della madre, ricercando una sua strada personale verso la sopravvivenza, amando i propri figli e impegnandosi a scrivere qualcosa ogni giorno nel suo quaderno di scuola. Sogna una vita diversa, ma mai una vita da magra. Precious ce la farà: grazie all'insegnante della scuola speciale, alle compagne di scuola, ma soprattutto grazie all'amore per i bambini con la quale riscatta la sua vita difficilissima.
Un film che ti angoscia dalla prima all'ultima sequenza, con primi piani orrorifici e una straordinaria capacità della protagonista di trasformare l'incredibile ripugnanza della sua bruttezza in una straordinaria risorsa narrativa e filmica.
In un film del genere l'operazione del doppiaggio risulta più inadeguata del solito: non solo quando i personaggi manifestano i lati più oscuri della propria arretratezza sociale e culturale usando un italiano standard, ma anche e soprattutto quando il doppiaggio osa l'impiego del romanesco per colorire le espressioni dei bulli neri di Harlem. Un disastro.
Un film decisamente da vedere, di quelli destinati ad essere ricordati.