Ancora una giornata di “dolore”, per l’indisponibilità della Cinquecento, che dovrà rimanere in carrozzeria fino a stasera, per le riparazioni dopo l’incidentino avvenuto nel parcheggio Pertini. Mi scopro appartenere alla categoria dei “comodosi”, quelli che si spostano volentieri solo in automobile, perché sanno quando partono e quando ritornano, senza dover attendere l’arrivo di improbabili autobus o senza contare sull’aiuto affettuoso di amici e parenti per spostarsi. Sugli autobus in questi giorni ho trovato solo bambini, anziani e stranieri: tutti quelli che stanno per motivi diversi a margine della compagine sociale, e che – riprendendo la teoria di Hirschman – sono costretti alla loyalty, non avendo voice e soprattutto non potendo fare exit, per mancanza di alternative. Inutile dire che quando si ha poca voice non si riesce a raggiungere l’attenzione di chi dovrebbe servirci: ed in effetti il servizio è pessimo, non c’è che dire. Passare venti minuti sotto il solleone in attesa del 15 è una esperienza piuttosto normale, che però ho derubricato ai casi “MAI PIU’ NELLA VITA”. Ci si abitua molto facilmente al meglio. Se penso di essere stata fino a dieci anni fa una super-pendolare, che mai e poi mai avrebbe preso l’auto per andare al lavoro. Mi viene da pensare che invecchiando si cambia, e parecchio (non necessariamente in meglio, peraltro, almeno dal punto di vista dell’impronta ecologica). Aspetto in gloria la mia Cinquecento L bianca, che purtroppo, dopo la riparazione al portellone posteriore, sarà priva del gattino visto “di culo” che amavo moltissimo. Purtroppo i lavori hanno costretto i tecnici a togliere lo sticker. Ma io non mi faccio fermare certo da questi particolari: è bastato un clic per riordinarne una nuova copia, su Internet.