Ad ogni inizio d'anno viene naturale riflettere sul punto in cui si è arrivati, sul rapporto tra obiettivi e risultati, sulla distanza percorsa negli anni. Per me operare questa riflessione significa quasi sempre partire dalle cose materiali che mi circondano, come testimoni di una storia condivisa. Mettere a posto gli oggetti in casa è una pratica che per me assume un significato simbolico di riappropriazione di un territorio di cui vorrei essere sovrana indiscussa, ma che invece pullula di sudditi indisciplinati.
Riordinando i cassetti della scrivania domestica, rimettendo al loro posto i nastri e le carte utilizzate per i regali di natale, focalizzo una verità che conosco molto bene, ma che tendo ogni tanto a rimuovere: la mia dotazione di fiocchi, carte e nastri da regalo, ora perfettamente ordinata all'interno degli appositi contenitori, è pari a quella di una cartoleria di medie dimensioni, seconda solo al Mister Wizard di viale Adua a Pistoia.
Se poi penso ai cartoncini di ogni foggia e colore, alle cartelline a vari lembi, ai contenitori ad anelli, alla carta da lettere, alle buste imbottite, alle etichette adesive e ai biglietti d'auguri, se penso alle penne, ai pennarelli, alle matite, alle cartucce per le penne stilografiche, ai rotolini di scotch trasparenti e colorati (compresi quelli decorati con gli alberelli di natale), sono sicura che potranno essere sufficienti non solo per me, ma anche per numerose altre generazioni di eredi.
Se è vero che questa sovrabbondanza si manifesta perlopiù nei reparti dove albergano le mie passioni (libri, cancelleria, cartoleria, bricolage), è altrettanto vero che non sto affatto scherzando per la quantità di cose che possiedo anche in altri comparti di vita. Penso solo a piatti, tovaglie, pentole, bicchieri. Per non parlare della bigiotteria, dei vestiti, delle borse, dei cosmetici.
Ad occhio e croce, chiudendo oggi con ogni esperienza di acquisto, potrei truccarmi regolarmente per altri 25 anni, mangiare per 1 anno, vestirmi per 30 anni, andando in giro sempre con borse intonate ai gioielli e ai foulard. Potrei incartare stuoli di regali natalizi e pasquali, fare fiocchi per tutta la vita, trascrivere tutta la Divina Commedia per qualche milione di volte, fino ad usare tutta la carta e l'inchiostro accuratamente sistemato negli appositi cassetti. Per non parlare dei chiudipacco, degli adesivi a forma di cuore o di babbo natale, delle fustelline e delle forbicine a zig-zag che farebbero la gioia di ogni bambina di 5 anni.
Com'è che, allora, con un emporio ricolmo di cose in casa, mi viene ancora voglia di fare incetta di nastri, ombretti, penne sbrilluccicose o smalti per unghie? Perché non resisto di fronte ad un quadernetto di Gorjuss? Sarà la bambina di 5 anni che è in me che pretende ancora il suo spazio per fare pacchetti, infiocchettare i regali, godersi una penna stilografica nuova in grado di lasciare segni perfetti su un foglio di carta d'Amalfi. In effetti, il mio emporio è bellissimo da vedersi. Avessi giorni liberi in quantità, mi divertirei a passare le ore a guardare fiocchi e nastri uno ad uno, riordinare le bustine trasparenti per dimensione e quelle di cartone per colore.
Ma ora è tempo di downshifting: già anni addietro, in una fase della mia vita in cui vivevo da sola, mi sono cimentata con un programma di non-acquisto, scegliendo di consumare le scorte presenti in casa prima di procedere con nuove spese. Con questo nuovo anno appena cominciato, voglio provare a tenere a bada lo spiritello consumistico che abita in me (e che tanta parte ha avuto finora per la fortuna di Mr. Wizard), per verificare se un contenimento delle spese in questi ambiti potrà avere qualche effetto positivo sugli equilibri del budget domestico.