Ho visto su Amazon Prime il documentario sul cantante Tiziano Ferro, un artista che ho sempre apprezzato per le sue qualità canore, ma di cui non conoscevo la vicenda umana. Lo ritengo un gioiello di umanità e autenticità, ingredienti che di solito non abbondano nelle ricostruzioni cinematografiche della vita dei “divi”.
La vita di Tiziano Ferro è stata segnata da tanto dolore: il dolore di sentirsi inadeguato fin da bambino di fronte alle sfide da affrontare per diventare grande, i chili di troppo che lo hanno trasformato in una vittima predestinata di bullismo in chiave body shame, il successo bloccato dal sovrappeso, e poi arrivato dopo una dieta pazzesca che lo ha reso diverso troppo in fretta. Il dolore causato dal sentirsi inadeguato rispetto alle regole di una “normalità” sessuale che gli stava stretta, le accuse di omosessualità e i tentativi dei suoi manager di rintuzzare tali accuse vestendolo sempre da “macho” sul palcoscenico. E poi la fuga nell’alcol quale tentativo disperato di trovare se stesso fino al punto di non ritorno.
E tanto amore: l’amore della famiglia lasciata a Latina, l’amore dei suoi fan, l’amore di Victor, l’uomo che sposa e che divide con lui la vita a Los Angeles, città in cui vive ormai stabilmente, dove può andare a fare la spesa al supermercato o fermarsi in un negozio con la libertà riservata solo a chi non è riconosciuto come uno dei maggiori divi della musica contemporanea.
La cerimonia del matrimonio con Victor, con le promesse lette un po’ in italiano e un po’ in inglese, commuove lo spettatore imprigionandolo in un turbine di emozioni forti, che fanno venire un groppo in gola: anch’io ho pianto a dirotto, senza timore di passare da sciocca sognatrice. I sentimenti che il video trasmette sono profondamente autentici, e nulla scontano alla costruzione di un personaggio che fonda proprio sull’autenticità la sua cifra migliore.
Raggiunti e festeggiati in famiglia i suoi primi quarant’anni, Tiziano Ferro si appresta a vivere la maturità con una felicità finalmente raggiunta