Il sabato pomeriggio, prima della consueta uscita serale, è uno spazio che mi piace dedicare al riposo: a volte un vero e proprio super-sonnellino, per rinfrancarmi dalle fatiche della settimana, altre volte una maratona televisiva con un paio di film o una mezza stagione di una serie televisiva (le legal series sono quelle che mi piacciono di più: ci passerei le giornate, solo potessi).
Oggi ho optato per Il ladro di giorni, un noir on the road diretto da Guido Lombardi, un regista napoletano tra i quaranta e i cinquanta, che è anche autore del testo che ha ispirato la pellicola, pubblicato da Feltrinelli l’anno scorso. Non ho letto il libro, e quindi il mio cuore è sgombro da pregiudizi (di solito, se leggo prima il libro, il film non riesco a farmelo piacere più).
La storia è tutta giocata sui quattro giorni che Salvo, un ragazzo di undici anni che vive in Trentino con gli zii, è costretto a trascorrere in compagnia del padre Vincenzo, uscito di galera dopo una condanna di sette anni, durante i quali non l’ha mai visto neppure una volta. E’ il giorno della prima comunione per Salvo, che solo con difficoltà riconosce quel padre che da piccolo ha visto portar via dai carabinieri senza capire esattamente perché. Vincenzo ha scontato la pena, ma il suo intendimento non è proprio di chi si è redento e ha deciso di rigare dritto: anzi, tutt’all’opposto, si è messo in testa di andare ad uccidere chi lo ha tradito e fatto arrestare, e per questo ha programmato un viaggio in auto fino a Bari, portandosi dietro il bambino, utilizzandolo per passare inosservato e non destare sospetti lungo la strada.
Tra mille deviazioni che serviranno a riavvicinarli, o comunque a ricostruire almeno in parte la relazione interrotta, padre e figlio arriveranno all’incontro fatale con il “ladro di giorni”, l’uomo che ha appunto rubato al bambino l’occasione di diventare grande accanto al padre.