Secondo impegno narrativo per Christina Dalcher, già apprezzata dal pubblico italiano grazie a Vox, uscito nel 2018, questo nuovo romanzo conferma il grande talento della scrittrice americana nel tratteggiare i pericoli nascosti di una società dominata da principi etici scelti da alcuni ma imposti per legge a tutti: nel primo romanzo si trattava di riportare la pace e l’ordine nel contesto sociale, in nome di un buon tempo antico in cui tutto era più bello e più semplice, e per ottenere questo auspicabile risultato si stabiliva che le donne venissero dotate di un contatore automatico che permettesse loro di pronunciare soltanto cento parole al giorno. Nel secondo romanzo, sull’altare a cui sacrificare ogni altra necessità c’è il valore del merito: ogni persona è dotata di un indicatore numerico – il quoziente Q – che classifica il livello delle capacità individuali. Proprio in base a tale indicatore (da sottoporre a verifiche costanti, perché vivere sugli allori non è consentito a nessuno nella società liberistico-meritocratica), ognuno viene assegnato al giusto lavoro, alla giusta scuola, alla giusta famiglia.
E così esistono le scuole d’argento, dove hanno accesso i bambini e gli insegnanti migliori, non più disturbati dagli episodi di bullismo né rallentati nel percorso di apprendimento da chi ha bisogno di più tempo e più cure per andare avanti; le scuole verdi, per chi non raggiunge risultati altrettanto brillanti, ma comunque riesce a portare un contributo positivo al progresso della società meritocratica. Sul fondo della scala morale e sociale, isolate e nascoste in edifici che un tempo hanno ospitato prigioni e manicomi, le scuole gialle, quelle destinate a chi non riesce a stare al passo: per incapacità, handicap mentali, o anche per ostilità ai sacri principi della pedagogia del miglioramento.
La protagonista del romanzo, ambientato in una versione contemporanea ma distopica degli Stati Uniti, è una brava insegnante di biologia che ha fortemente creduto – almeno all’inizio – alla riforma educativa volta a creare una società migliore a partire da famiglie migliori, dando spazio finalmente alla sana competizione fondata sul merito personale e non più sulle discriminazioni create dalle differenze sociali. Ci ha creduto anche grazie all’impegno diretto di suo marito Malcom, un insegnante e pedagogista che ha partecipato in prima persona alla messa a punto della riforma ministeriale, collaborando alla redazione delle linee guida e diventando un potente emissario di uno Stato fortemente incisivo sulla vita delle famiglie.
Ma quando la figlia minore non riesce a stare al passo delle verifiche e finisce in una scuola gialla a migliaia di chilometri da casa, la donna si trova a combattere tra due sentimenti opposti: l’amore per la figlia maggiore e per il marito, protagonista della riforma scolastica sul miglioramento delle famiglie, e la necessità di mollare tutto (la sua vita perfetta, la sua reputazione di brava insegnante, tutti i suoi familiari destinati a subire le conseguenze del suo tradimento) per salvare la figlia minore, troppo fragile per sopravvivere in quello che le si mostra come un vero e proprio lager.
Un thriller che si legge tutto d’un fiato per seguire la rocambolesca vicenda umana e personale della protagonista, ma che richiede al lettore anche frequenti pause di riflessione: per scoprire che dietro scelte collettive apparentemente condivisibili possono annidarsi rischi di abuso di potere contro i quali è sempre necessario mantenere la guardia alta.
Christina Dalcher
La classe
Edizioni Nord, 2020
Traduzione italiana di Barbara Ronca
Titolo originale: Master Class
Recensione su “Critica letteraria”: https://www.criticaletteraria.org/2020/11/dalcher-la-classe.html