Ha dell’incredibile, ma è una vicenda realmente accaduta quella che Osvaldo Guerrieri – critico teatrale e scrittore di grande talento – ha riportato alla luce nella forma di romanzo storico, ambientato tra le due guerre mondiali: una vera e propria follia, un atto di hybris che un manipolo di studiosi e scienziati guidati dall’architetto bavarese Herman Sörgel tentò di realizzare, senza riuscirvi, allo scopo di cambiare il mondo per sempre e farlo diventare un luogo di pace, speranza e ricchezza per tutti. Al centro del progetto, caduto nell’oblio nel secondo dopoguerra, l’idea di chiudere con una super-diga il tratto di oceano antistante lo stretto di Gibilterra e abbassare il livello del Mare Mediterraneo, allo scopo di far emergere dall’acqua nuove terre da coltivare e da destinare all’espansione demografica, con l’effetto secondario di ridisegnare per sempre la geografia dei paesi mediterranei, Italia per prima, con le sue coste prosciugate e le città rivierasche e portuali private dell’affaccio al mare. Europa e Africa sarebbero diventati un solo continente, Atlantropa (vedi): un continente grande, finalmente ricco di nuove terre e liberato dal problema dell’approvvigionamento energetico, in grado di competere alla pari con i giganti americani e asiatici.
A distanza di qualche decina di chilometri dalla vecchia Genova, ormai trasformata in una città interna, sarebbe sorta una nuova Genova con un porto moderno e assolutamente d’avanguardia; mentre Venezia sarebbe rimasta la città-cartolina che tutti noi conosciamo, mantenendo l’acqua nei canali a beneficio dei turisti, ma secondo una più moderna regolazione dei flussi che fa venire in mente il mal riuscito Moses.
Un milione di operai avrebbero trovato impiego nel più faraonico progetto di ingegneria mai realizzato dall’uomo: un progetto che avrebbe richiesto l’impiego di quantità impensabili di cemento armato, acciaio e altri materiali e che avrebbe richiesto decine e decine di anni per giungere alla sua conclusione. Proprio per questa sua dimensione internazionale, il progetto di Atlantropa richiedeva il consenso dei governi di tutta Europa; Sörgel ricercò il consenso di Mussolini, di Hitler, persino del presidente americano Truman, che non fu immune dal fascino di questo mito, almeno finché non si convinse che l’energia nucleare avrebbe risolto i problemi del mondo molto più dell’energia idro-elettrica. Ma i grandi della terra non gli dettero ascolto, nonostante il successo popolare che Atlantropa riscosse sulla stampa, al cinema, nell’opinione pubblica, oltre che tra gli scienziati dell’epoca.
Il romanzo intende ricostruire la vicenda umana di questo architetto visionario, dall’aria mite ma dalla mente vulcanica, che dedicò tutte le sue energie ad un sogno rimasto impossibile, e che oggi – con una nuova e più profonda coscienza ambientale – non possiamo far altro che archiviare tra quelle follie dell’uomo che avrebbero tragicamente cambiato non soltanto i destini di milioni di persone, ma anche e soprattutto l’ecosistema a livello locale e planetario: un esempio che forse ha ispirato, più in piccolo, la realizzazione della “Diga delle tre gole” (vedi), una super-diga che produce il 3% dell’energia elettrica di tutta la Cina ma che ha inciso drasticamente sugli equilibri umani, storici, geologici e naturali di quel territorio, oltre che essere considerata causa di una riduzione sia pure infinitesimale della velocità di rotazione della Terra, a causa del grande spostamento delle acque.
La diga sull’oceano appassiona e coinvolge i lettori, portandoli idealmente a parteggiare per Sörgel e la sua visione distopica di un’Europa ricca, felice e in pace, per poi tirare un sospiro di sollievo – è il caso di dirlo – per il fatto che tutto ciò sia rimasto solo sulla carta da disegno.