La giornata è stata piuttosto intensa. Niente di diverso dal solito, per carità. Però ci sono delle serate nelle quali rimane qualche energia positiva da mettere in campo, e altre serate nelle quali vale la pena piazzarsi in versione orizzontale sul divano di casa (questa sera quello di Pistoia) con in mano il telecomando della TV e sulle gambe la copertina di pile azzurro dell’Ikea, che lavora in simbiosi con la caldaia mandata a palla per scacciare le malinconie della serata rigidissima.
Le operazioni di spippolamento sono felici, perché incappo su un film che rivedo molto volentieri: La fabbrica di cioccolato nella versione più moderna di Tim Burton, con un giovane e cadaverico Johnny Depp nel ruolo di Willy Wonka.
Tim Burton è, si sa, un vero genio del ciak. I costumi di Gabriella Pescucci (che per questo film meritò una nomination all’Oscar 2006) sono veramente deliziosi. Ma qua è il grande Roald Dahl a fare da padrone, con una storia tenera e fantastica, dolce (è il caso di dirlo!), ma anche crudele. Le storie di Dahl hanno popolato le letture dei miei primi anni di lavoro in biblioteca: ricordo la passione per il “GGG”, il grande gigante gentile che faceva di mestiere l’acchiappasogni; “Gli Sporcelli”, i coniugi più perfidi del mondo, che si facevano dispetti a suon di Colla Nontimolla; per non parlare delle straordinarie “Streghe”, di “Matilde”, e delle straordinarie poesie raccolte in “Sporche bestie” e “Versi perversi”. Tutti questi libri (assieme ad alte opere dello stesso Dahl) stanno in uno scaffale ben preciso del mio cuore di lettrice: quello dedicato ai libri “intoccabili”. Libri da piccoli, ma anche da grandi.
La storia del piccolo Charlie mi richiama alla memoria una visita indimenticabile fatta molti anni fa al Museo Alprose di Caslano, nei pressi del lago di Lugano, subito passata la frontiera con la Svizzera, dove una graziosa signorina accoglieva i visitatori offrendo un biscottino intinto nel cioccolato caldo zampillante da una fontana. Ricordo che il percorso museale prevedeva, oltre ad una serie di pannelli didattici sulla storia del cacao, con tanto di sacchi di juta ricolmi di semi, una vera e propria visita alla fabbrica: grazie ad una passerella sopraelevata, è possibile osservare le varie fasi di lavorazione del cioccolato, dal cacao liquido fino alla intavolazione e all’imballaggio. Non so se gli operai della Alprose gradiscano di essere assimilati agli Oompa Loompa, ma posso giurare e spergiurare che il profumo che si respira durante la visita è a dir poco fantastico! Al termine del percorso, c’è uno spaccio dove si possono acquistare tavolette e scarti di lavorazione a prezzi concorrenziali. Impossibile restistere, of course.
Mmmm, al solo ricordo mi sento ingrassata di mezzo chilo.