Michele Serra
Le cose che bruciano
Milano, Feltrinelli, 2019
Attilio Campi è un uomo politico pentito. Ad un passo dal diventare ministro, ha presentato una proposta di legge rivoluzionaria, che però è stata respinta dal suo stesso partito: l’introduzione dell’uniforme obbligatoria per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Lui ha tanto creduto in questa misura, e ha tanto lottato per farla passare in Parlamento, ritenendola potentemente egualitaria, perché avrebbe potuto nascondere le differenze di censo così appariscenti tra chi può permettersi l’abbigliamento firmato e chi deve per forza accontentarsi dei capi acquistati al mercatino.
La bocciatura della proposta lo induce ad un passo importante: chiudere con la politica e ritirarsi in un paesino della montagna ligure, a zappare la terra. Sì, letteralmente a zappare la terra: a fare il contadino, a tagliare la legna, ad imparare il nome degli alberi e ad ascoltare la natura. Che è molto meglio della vita convulsa della città, dove fa ritorno non più di una volta al mese, giusto per prendere qualcosa e mantenere i contatti con la moglie, che ha accettato la sua scelta (ed anzi continua a passargli i soldi per vivere) ma non lo ha seguito in questa nuova avventura.
Il suo acume filosofico di fine intellettuale lo porta a riflettere sulle cose del mondo e a intessere inediti legami con i personaggi bucolici che gli stanno intorno, e sembrano – o sono per davvero – più felici di lui; riflette sul senso del suo passato e su come potrà essere il suo futuro di coltivatore di zafferano a mezzadria, e sul ruolo che gli oggetti hanno avuto e hanno nella sua vita.
E gli oggetti che dominano la sua vita sono decisamente troppi: da qui il suo intendimento di disfarsene, bruciando un po’ alla volta il ciarpame che appesantisce la sua anima, sia che si tratti dell’eredità della zia Wanda, sia che si tratti di documenti ormai inservibili, legati alla sua vita precedente. In pagine che assomigliano ad un vero e proprio trattato di “decluttering”, l’autore ci accompagna alla scoperta di una nuova leggerezza, che nasce dalla sottrazione definitiva del superfluo, per giungere all’essenza di ciò che merita essere conservato.
Tra ironia e comicità, in puro stile serriano, un romanzo di liberazione dalla propria arroganza e dal peso delle relazioni, con una punta innegabile di desiderio autobiografico, subito lasciato libero a spaziare verso la ricerca forse impossibile di una memoria priva di oggetti e di radici.
Una intervista all’autore su Il Libraio:
https://www.illibraio.it/michele-serra-cose-che-bruciano-1021873/