Godibilissima commedia all’italiana del 2001, “Mari del sud” è un film che si gusta volentieri per trascorrere due ore in allegria, ma senza necessariamente spengere il cervello: al centro della vicenda, il tema quanto mai moderno e inesausto, della “bella figura” a cui non si rinuncia anche quando non si è più in grado di stare nel ruolo che ci si è faticosamente costruiti. Alberto, interpretato superbamente da Diego Abatantuono, è un consulente finanziario che si spende ogni giorno per mantenere un alto status sociale, rappresentato dalla villa immersa nel verde, con tanto di giardino d’inverno, la macchina di grossa cilindrata e le vacanze ai Caraibi. Purtroppo però, mentre lui sul lavoro si fa in quattro per far fronte agli sgomitamenti altrui, chi gestisce i suoi risparmi si è involato verso l’Australia, lasciandolo completamente a secco: le carte di credito sono ormai vuote, e non ci sono soldi per pagare i biglietti aerei della vacanza già programmata.
Perché nessuno scopra la verità sulla sua condizione economica, Alberto – assieme a moglie e figlia – recita la parte della famiglia abbiente in procinto di partire per i Caraibi, fino ad arrivare al check in dell’aeroporto (nei cui pressi c’è – guarda caso – il titolare dell’azienda con moglie al seguito), per poi rientrare silenziosamente a casa e rinchiudersi in cantina per tutta la durata della vacanza.
Le esilaranti avventure dei “clandestini a casa propria”, sempre a rischio di essere scoperti, assumono toni grotteschi grazie all’intervento dei vicini di casa, liberi finalmente di svelare il loro volto di arrampicatori sociali e prevaricatori: lui, collega di Alberto, farà di tutto per farsi assegnare dal capo il lavoro più prestigioso dell’anno, soffiandolo al collega in vacanza; lei, svampita venditrice di prodotti di pulizia e bellezza, svelerà di avere incastrato la moglie di Alberto in una catena piramidale dalla quale sarà la sola a trarre vantaggio.
Finale a sorpresa, con tanto di fuoco catartico e una sorta di “happy end” che rimette tutti al loro posto: peccato che la realtà tenda invece a premiare, almeno in alcuni casi, chi sgomita di più!