E’ stata una notizia che ha dominato le pagine di tutti i giornali e ha fatto da padrona nell’apertura dei telegiornali di qualche settimana fa: una donna lascia a casa da sola per una settimana la figlia di 18 mesi, e al suo ritorno la trova morta. Una notizia agghiacciante, che apre come unico spiraglio interpretativo quello della follia allo stato puro.
Perché siamo in milioni a non lasciare soli nemmeno per un giorno cagnolini e gattini, quando non possiamo portarli con noi in viaggi lunghi: li affidiamo alle cure di vicini di casa o amici premurosi, che ogni giorno vanno a mettere l’acqua fresca nel ciotolino, aggiungono i croccantini, tolgono la cacchetta dalla lettiera, e soprattutto fanno
due coccole agli animaletti che abbiamo dovuto lasciare a casa. Figurarsi con un bambino piccolo, del tutto incapace di prendersi cura di se stesso.
E così, per esorcizzare questa brutta storia, ho deciso di guardare il film giapponese Nessuno lo sa, che racconta una storia più o meno analoga: quella di una giovane donna a cui sicuramente difettano maturità e responsabilità, che ha partorito quattro figli da quattro uomini diversi, e che si trasferisce in cerca di non si sa quale fortuna in un minuscolo appartamento di Tokyo in cui è permesso un solo figlio.
Così il primogenito Akita, di 12 anni, risulterà essere il figlio “ufficiale”, presentato ai vicini di casa, mentre gli altri tre bambini giungeranno nella casa per vie traverse: i due più piccoli trasportati dentro grandi valigie, la secondogenita raccolta alla stazione dopo un viaggio affrontato da sola. La donna lavora, o comunque sembra far qualcosa a favore della famiglia; ma il suo senso di responsabilità va poco lontano quando si innamora del primo venuto, che la porta da
qualche parte nel paese. Così i ragazzi debbono vivere da soli e arrangiarsi: senza uscire di casa, a parte Akita, senza neppure sporgersi dal balcone, per non farsi notare dai vicini, senza andare a scuola, senza poter avere una vita minimamente normale. Akita è costretto dalle circostanze a crescere in fretta, per prendersi cura dei fratellini e garantire loro qualcosa da mangiare ogni giorno, quando invece avrebbe voglia di giocare con gli amici, scorrazzare per le strade, fare le cose che fanno i bambini della sua età. Sempre in bilico tra onestà e invito al furto, si barcamena in un mondo che ignora felicemente il suo dramma, e che solo in qualche raro caso gli porge una mano concreta d’aiuto. Il ragazzino sa che, se si rivolge ai servizi sociali, i fratellini saranno divisi tra diverse famiglie affidatarie, e questa è la prospettiva peggiore che gli balena davanti, e lo fa preferire vivere in mezzo alla sporcizia, alla fame, al caldo,
all’abbandono più totale. Al singolare gruppo di famiglia si unisce una ragazza triste, apparentemente di buona famiglia, Saki, che partecipa ad uno degli eventi più tristi della storia: la sepoltura della bambina più piccola,
caduta inavvertitamente da una sedia e morta all’improvviso.