Quattro episodi su Netflix sciroppati tutti d’un fiato, godendomi il pomeriggio libero dal lavoro e da altri impegni mondani: Self Made: la vita di Madam J.C. Walker mi è molto piaciuto, perché racconta una storia (vera) potente e capace di ispirare speranza nell’azione di tante donne. Siamo agli inizi del Novecento in un’America ancora fortissimamente segnata dalla discriminazione tra bianchi e neri, e tra uomini e donne.
La protagonista della storia è nera e donna: deve dunque faticare dieci volte tanto per raggiungere il suo personale sogno americano, quello di fondare una propria azienda contando esclusivamente sulle proprie forze, diventare ricca, famosa e potente, e aiutare le altre donne di colore a credere in se stesse, studiare ed affermarsi come individui indipendenti. Sarah Breedlove, sposa a 14 anni e vedova a 20 con una figlia piccola a carico, senza arte né parte, all’inizio della vicenda è una lavandaia stremata dal lavoro e angustiata dalle infinite discriminazioni di cui è vittima. Ma ha un’idea in testa: fare qualcosa di importante per sé e per tutte le donne di colore che vogliono immaginare un futuro diverso, nel quale possano esprimere i propri talenti, a partire dal senso di autostima che la cura di sé può dare loro. Ed è così che, partita come aiutante di una profumiera, sperimenta la composizione casalinga di sempre nuove creme utili a trattare i capelli delle donne afroamericane e a prevenirne la caduta, per poi cominciare lentamente e tra mille difficoltà a vendere i suoi prodotti. Passo dopo passo, forte dell’aiuto del secondo marito, della figlia e di altre donne pronte a sostenerla, diventerà la prima donna afro-americana milionaria d’America.
La ministerie, ispirata al libro della pronipote di Sarah A’Lelia Budles, è magistralmente interpretata dall’attrice Octavia Spencer, già vincitrice dell’oscar quale attrice non protagonista per un film che ho molto amato, The Help del 2011, e co-protagonista del bellissimo Il diritto di contare.
Una storia grandiosa, che aiuta a immaginare quanto la condizione della donna nel mondo sia stata vissuta e continui ad essere vissuta a partire da minorità moltiplicate anche da altri fattori non connessi al genere, ma alla razza, alla religione o alle condizioni economiche e sociali.