Un bel film tutto da vedere, quello di Sarah Gavron, molto brava a ricostruire la storia del movimento per il voto alle donne, così come si sviluppò nell’Inghilterra prima dello scoppio del primo conflitto mondiale: nessuna concessione alla storiografia buonista e pataccara, che ha dipinto le suffragette come signorine bene intente a parlare di progresso mentre bevevano il tè. Qui le donne impegnate nel movimento rompono vetrine, gettano bombe, fanno esplodere le cassette della posta, inscenano manifestazioni di piazza in cui vengono brutalmente picchiate dalla polizia, per poi finire in carcere e subire ulteriori vessazioni, compresa l’alimentazione forzata per chi ha scelto lo sciopero della fame. Non c’è niente di bello in questa militanza: lottare per i propri diritti significava, come nel caso della protagonista Maud Watts, essere ripudiata dal marito, perdere il lavoro, addirittura subire la scelta del marito di dare in adozione il figlio ancora piccolo.
Al vertice dell’organizzazione femminile, la mitica Emmeline Pankhurst, straordinariamente interpretata da Meryl Streep: una super-donna passata alla storia, che però la regista ha lasciato sullo sfondo della vicenda, preferendo focalizzare l’attenzione sulle donne comuni, perlopiù operaie vessate da padroni dalle mani troppo lunghe.
Al Parlamento inglese si diceva che le donne non avevano quell’equilibrio psichico necessario per veder loro riconosciuto il diritto di voto: proprio per questo dovevano ritenersi già appagate nell’essere rappresentate dai loro uomini, a cui tale diritto era riconosciuto.
Siamo nel 1912: la mia nonna aveva 10 anni. E’ un mondo molto lontano, ma anche straordinariamente vicino in termini cronologici. Il diritto di voto in Inghilterra sarebbe stato riconosciuto alle donne parzialmente nel 1918 e completamente dieci anni dopo. Per l’Italia avremmo dovuto aspettare il 1946, quando la mia mamma di anni ne aveva 17. Ieri.
Guardare film come questo aiuta non solo a ricollocare storicamente le conquiste fondamentali del nostro tempo, ma ci permette di comprendere ancora di più che certi diritti sono stati appunto conquistati col sangue, col sacrificio, con la morte, e oggi non possono essere considerati come orpelli inutili.