Biopic di grande spessore sociale, il film di Mimi Leder che ricostruisce la vicenda umana e professionale di Ruth Bader Ginzburg, la seconda donna a ricoprire il ruolo di Giudice della Corte Suprema negli Stati Uniti d’America: una donna minuta e all’apparenza fragile, che però seppe attraversare la seconda metà del Novecento (era nata nel 1933) come un ciclone inarrestabile, concentrata sul suo obiettivo di rendere il suo Paese, gli Stati Uniti, un Paese veramente democratico, privo delle discriminazioni di genere che all’inizio della sua carriera impedivano alle donne di esprimere compiutamente il proprio potenziale ed esercitare i sacrosanti diritti di scegliere che cosa fare e cosa diventare.
Nata a Brooklyn da genitori ebrei provenienti dall’Europa dell’Est, Ruth scopre che per lei, donna, la vita è tutta in salita: non serve che sia la studentessa più brillante e preparata del suo corso; come una delle nove donne che frequentano i corsi di legge ad Harvard, assieme a 500 uomini, viene continuamente rimessa al proprio posto, osteggiata, umiliata, ma non demorde. Pur con i migliori titoli di studio in tasca, non c’è nessuno studio legale disponibile ad assumerla, se non nei ruoli di segretaria: una donna, per di più moglie e madre di una bambina piccola, non viene percepita come affidabile, e nessuno si sente di affidarle ruoli importanti in tribunale. E’ così costretta a ripiegare sull’insegnamento all’Università (dove andrà a sostituire l’unico docente di colore, andato in pensione: in quel caso una donna viene considerata un buon rimpiazzo). Ma sarà negli anni Settanta che comincerà le sue battaglie per i diritti civili a favore della parità tra uomini e donne, grazie al supporto del marito, Martin Ginzburg (al quale rimarrà legata tutta la vita, e dal quale avrà anche un secondo figlio), e l’aiuto dell’American Civil Liberties Union, sotto l’egida del quale combatterà le sue grandi battaglie di civiltà a partire da un caso dopo l’altro, nella consapevolezza di non poter ottenere tutto e subito per tutte le donne, ma poter invece trasformare le leggi un pezzetto dopo l’altro, visto che ormai la cultura era già cambiata, e le donne avevano di fatto già vinto la loro battaglia per l’uguaglianza.
Una bella storia, una bella persona: un modello per tutte le donne.